11 giugno 2013 00:11

È sempre bello quando un quotidiano europeo dedica più di mezza pagina alle istituzioni dell’Unione scegliendo un argomento che non sia dettato dall’attualità di Bruxelles. Se poi l’articolo risulta interessante, è ancora meglio. Ieri, per esempio, il giornalista del quotidiano belga Le Soir Maroun Labaki ha provato a rispondere a una domanda alla * Chi l’ha visto*: cos’è successo a Stavros Lambrinidis, nominato rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani un anno fa e da allora “scomparso dagli schermi radar”?

**Premessa: Bruxelles è il teatro **di una grande saga familiare (se un bravo autore riuscisse a dare una forma narrativa allettante alle vicende che si svolgono nei corridoi delle istituzioni europee, renderebbe un servizio prezioso all’Unione, forse più prezioso della stesura di una costituzione). Immaginate tre gemelli che non possono fare a meno l’uno dell’altro. Sostengono di essere una squadra perfetta e affiatata, e a volte è così, ma chi li conosce bene sa che spesso si scambiano sgambetti e colpi bassi. Naturalmente il loro rapporto non si riduce a questo, ma Parlamento, Commissione e Consiglio dell’Unione europea sono un po’ come quei tre gemelli (ce ne sarebbe anche un quarto, la Corte di giustizia dell’Ue, non meno importante, ma più riservato).

Per tornare al rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani, la figura è stata creata un anno fa su richiesta del Parlamento europeo, che dei tre fratelli è quello che si sente meno stimato. Così, oltre a fare quello che ci si aspetta che faccia (esaminare le proposte legislative della Commissione e controllarne l’operato, approvare il bilancio annuale dell’Unione), cerca di farsi avanti con nuove idee per ritagliarsi più spazio in famiglia.

Nel giugno del 2012, con 567 voti a favore, 32 contrari e 80 astensioni, il Parlamento ha adottato una raccomandazione in cui riaffermava l’importanza della difesa dei diritti umani e chiedeva al Consiglio di nominare un Rsue (rappresentante speciale dell’Unione europea – il nostro autore dovrebbe anche trovare un modo indolore di divulgare qualche centinaio di acronimi tra i non-eurocrati), un Rsue, dicevamo, per i diritti umani. Il Consiglio ha accettato e così il socialista Stavros Lambrinidis, ex ministro degli esteri greco ed ex vicepresidente del Parlamento europeo, è diventato uno dei dieci Rsue al servizio di Catherine Ashton, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (Cathy, per gli amici). Qui trovate Lambrinidis in compagnia degli altri nove Rsue.

Ora, se al di fuori di Bruxelles pochi cittadini europei saprebbero fare il nome di cinque commissari e dieci eurodeputati, perché stupirsi se nessuno sente mai parlare di Lambrinidis? Perché, spiega Labaki, “la creazione di questa nuova carica doveva dimostrare qualcosa”. Il capo dei liberali europei Guy Verhofstadt, ricorda il giornalista, “l’aveva accolta con queste parole: ‘È un segnale molto forte, l’Unione europea d’ora in poi metterà ancora più l’accento sui diritti umani’”. Stiamo ancora appizzando le orecchie in attesa del segnale.

**Per spiegare questo silenzio **(Lambrinidis “ha dato una sola conferenza stampa, non ha rilasciato interviste, non pubblica comunicati”) Labaki ha raccolto un po’ di commenti in giro. Alcuni eurodeputati accusano Ashton di non dare spazio a Lambrinidis per paura che le rubi la scena (l’Alta rappresentante non è nota per il suo carisma). Anche la direttrice dell’ufficio di Bruxelles di Human Rights Watch, Lotte Leicht, si dice delusa (“non ha certo rafforzato la visibilità dei diritti umani”).

Ma le dichiarazioni più interessanti arrivano dallo stesso Lambrinidis: “Mi concentro sull’essenziale, sul fondo delle cose. A volte la visibilità fa parte dell’essenziale, ma non sempre, ogni caso è diverso. Devo fare in modo che la situazione migliori in Egitto, in Myanmar, in Russia e via dicendo. Anche se sono un politico, non metterò tutto a rischio solo perché si parli di me o di Cathy Ashton”. E conclude: “Non sarà un articolo in cui si afferma che sono sparito a togliermi il sonno. Ho la coscienza a posto”.

Dichiarazioni così fanno capire perché alle prossime elezioni europee l’astensionismo rischia di schizzare alle stelle. Se lavorassi in un ufficio comunicazione di una qualsiasi istituzione europea starei strappandomi i cappelli con una mano e piantando spilli in un Lambrinidis di pezza con l’altra. Ma il problema va ben oltre Lambrinidis (peraltro attivo su Twitter e Facebook). È un problema di comunicazione che riguarda tutte le istituzioni europee, alle prese con innovazioni e vecchie abitudini, passi falsi e scandali. Manca poco meno di un anno alle prossime elezioni europee. Mettiamo pure via le bambole voodoo. Qualche effetto speciale, però, potrebbe servire.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it