15 ottobre 2013 18:57

Lampedusa, 5 ottobre 2013. (Antonio Parrinello, Reuters/Contrasto)

Tg3 del 14 ottobre, edizione di mezzogiorno. L’apertura è dedicata ai “nuovi sbarchi a Lampedusa”. Poco prima del nono minuto, la conduttrice pronuncia questa frase: “Torniamo a parlare di immigrazione con una storia a lieto fine”. Ascolto distrattamente, pronta all’ennesimo ritratto del “migrante buono” premiato per la sua onestà.

La notizia è questa: dieci eritrei - otto ragazzi e due ragazze - hanno cercato di entrare in Svizzera passando dal collo del Gran San Bernardo, ma sono stati bloccati da una nevicata, fermati e portati in questura ad Aosta. L’autista del mezzo, uno svizzero di origine eritrea, è stato arrestato e sarà processato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I ragazzi invece sono stati liberati e hanno deciso di proseguire per Milano.

Il servizio, che comincia come un normale servizio di cronaca, vira rapidamente al surreale. Giornalista e cameraman aspettano i dieci eritrei all’uscita della questura di Aosta. “Occhi smarriti e poca voglia di parlare”, così vengono descritti. La troupe comincia a seguirli. “Ci chiedono dove si trovino. ‘Ad Aosta’, rispondiamo”, racconta il servizievole giornalista. I dieci dicono di arrivare da Lampedusa e di voler andare a Milano. È lontano, li avverte il giornalista, che decide poi di accompagnarli alla stazione di Aosta. “Li aiutiamo a fare i biglietti, una faticosa colletta mette insieme il denaro necessario. Poi li lasciamo sul treno e qualcuno di loro vorrebbe pagarci per il disturbo”. Nell’ultima inquadratura si vedono due dei ragazzi salutare con un sorriso dal treno in partenza.

Non so cosa sia passato per la mente del giornalista mentre preparava quel servizio. Non sono certa di capire perché la conduttrice abbia parlato di “storia a lieto fine”. Perché i dieci non sono morti assiderati? Perché sono riusciti a prendere il treno per Milano con l’aiuto del Tg3? Mai una volta viene usata la parola “profughi”. “Sognavano di raggiungere la Svizzera in cerca di fortuna”, riassume il giornalista. Non una parola sulle cause che spingono tanti eritrei a lasciare il loro paese, cause di cui hanno scritto di recente Fabrizio Gatti e l’Economist.

Aosta e Lampedusa mostrano i due volti di una stessa malafede, la malafede di chi compatisce i cosiddetti migranti quando non può fare altrimenti e si sente la coscienza a posto per averli aiutati. Che aiuto: se morti si seppelliscono con tutti gli onori, se vivi gli si indica la strada.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it