30 gennaio 2014 09:47

Quella di ieri è stata una manifestazione alla quale non avrei mai immaginato di partecipare. La libertà di abortire, come quella di divorziare, sono diritti che per chi è nata o cresciuta dopo le conquiste degli anni settanta hanno sempre avuto un carattere di assolutezza. Siamo cresciute tra vallette e soffitti di vetro, sentendoci ripetere che la parità è ancora lontana, senza mai pensare di doverci guardare alle spalle, di poter essere all’improvviso risucchiate indietro, se non alla casella di partenza, a un punto che avevamo comunque serenamente collocato nei libri di storia.

Bruxelles ha anticipato di qualche giorno le manifestazioni che si terranno il 1 febbraio in Spagna, Francia, Italia e a Londra contro la proposta di legge del governo spagnolo di limitare il diritto di aborto ai casi in cui la donna abbia subito una violenza sessuale (entro 12 settimane) o corra un grave rischio psichico o fisico (entro 22 settimane). L’appuntamento era davanti all’ambasciata di Spagna, nel quartiere delle istituzioni europee. Con grande stizza degli automobilisti, alle sei il corteo si è messo in moto verso il Parlamento europeo, bloccando una delle due principali arterie del quartiere, rue Belliard, al grido di “Mon corps, mon choix, ma liberté!” (qualche voce più baritonale variava: “Notre corps, notre choix, notre liberté!”). Tra le bandiere dominava il rosso del Psoe (i socialisti spagnoli) e dei sindacalisti belgi, accompagnato da arcobaleni, bandiere di Verdi e laici, da un solitario Che Guevara e altre ancora.

A Place du Luxembourg, davanti al Parlamento europeo, ha preso la parola anche l’eurodeputata portoghese Edite Estrela, autrice di una relazione sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi di cui avevo scritto qui prima che venisse definitivamente bocciata. A proposito, Ulrike Lunacek, citata in quel post, nel frattempo ha presentato una relazione sui diritti LGBTI, provocando una delirante petizione online. Il voto in plenaria è previsto per il 4 febbraio.

A settembre la femminista olandese Petra de Vries era a Bruxelles per presentare un documentario sul movimento di cui faceva parte negli anni settanta, le Dolle Mina (Mina la pazza, soprannome di Wilhelmina Drucker). Eccole in una foto dell’epoca, con la scritta “Baas in eigen buik” (padrona del proprio ventre). Quarant’anni dopo, cara Petra, siamo di nuovo al tuo fianco.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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