01 agosto 2014 13:06

(Jaak Nilson, Spaces Images/Corbis)

Non facciamone una tragedia, non è la scelta di Sophie. Eppure, poche decisioni mi angosciano come quella sui libri da portare in vacanza. Puoi sbagliare compagnia, puoi sbagliare meta, puoi sbagliare stagione, volendo puoi anche sbagliare guardaroba e ritrovarti, che so, a scalare il picco di Montségur in ciabatte da mare, rischiando la vita a ogni passo (mi è capitato). Ma non puoi permetterti di sbagliare i libri che metti in valigia. Che fare?

Primo, resistere ai tentatori. Il Kindle, come Satana nel deserto, ti sibilerà in un orecchio: “Tutti i libri del mondo ti darò se, prostrandoti, mi adorerai”. E io, che sono già tra le anime dannate cadute in sua balìa, sarò costretto a rispondergli, evangelicamente: “Non di soli pixel vive l’uomo - e se permetti per un paio di settimane vorrei ricordarmi com’era fatto il mondo prima dei monitor”.

L’Edicolante accanto alla spiaggia ti sussurrerà, come una Circe: “Parti leggero, senza libri, e affidati alla fortuna: chissà cosa troverai nel mio antro”. E in effetti, in quegli empori che oltre ai giornali vendono giocattoli, figurine, creme abbronzanti, cartoline e libri in misterioso assortimento che si sono stratificati chissà come negli anni, capita di fare incontri fatali. Fu così che trovai su un lungomare una vecchia copia di Come farsi una cultura mostruosa di Paolo Villaggio; e fu così che scoprii, ragazzino, L’Amore e l’occidente di Denis de Rougemont, per colpa del quale sarei finito vent’anni dopo in ciabatte a Montségur. Tutto torna.

Ma per quanto siano suadenti i tentatori, a rimetterli in riga è il principe dei demoni libreschi, che ha nome Tsundoku. Si tratta dunque di comporre una pila estiva, strappandola al suo habitat domestico e costringendola a vivere per qualche settimana lontana dalle sue consorelle. E va bene che non è la scelta di Sophie, ma le regole di RyanAir sul peso e le misure dei bagagli qualcosa di nazista ce l’hanno.

Chi non riesce proprio a compiere questa crudele operazione (e però non ci pensa proprio a restare in città) ha davanti a sé due soluzioni, che corrispondono grosso modo allo schema Maometto/montagna. Per ciascuna suggerisco un libro.

Vladimir Nabokov, Invito a una decapitazione (Adelphi 2004)

Non ne ricordo granché, e tra i romanzi di Nabokov non è certo il mio preferito; ma avevo sottolineato a matita questo passo, che torna utile: “La sera si deliziava con antichi libri, al pigro, magico sciabordio dell’acqua increspata, nella Biblioteca Galleggiante dedicata al dottor Sineokov che era affogato proprio in quel punto del fiume cittadino”. Eccola, la soluzione per non patire la nostalgia: viaggiare direttamente nella propria biblioteca. Un canotto, un battello, un transatlantico, a seconda delle esigenze e delle disponibilità. Nabokov però mette in guardia da un piccolo inconveniente: “Più tardi, tuttavia, quei libri preziosi avevano cominciato a patire l’umidità, tanto che alla fine era stato necessario prosciugare il fiume, deviando l’acqua nello Strop tramite un canale appositamente scavato”. Come non detto.

Carlos María Domínguez, La casa di carta (Sellerio 2011)

Ricordo qualcosa in più di questo racconto lungo dell’argentino Carlos María Domínguez, dove si narra di un leggendario bibliomane che è uscito fuor di senno al punto da costruirsi su una spiaggia sperduta una casupola fatta di libri al posto dei mattoni: “Un Borges per completare la base della finestra, un Vallejo accanto alla porta, con sopra Kafka e di fianco Kant, e una dura edizione rilegata di Addio alle armi, di Hemingway; e poi Cortázar, e Vargas Llosa, sempre voluminoso; Valle-Inclán con Aristotele, Camus con Morosoli, e Shakespeare, fatalmente legato a Marlowe dall’impasto di cemento; tutti destinati a innalzare un muro, a gettare ombra”. Buona idea: se non puoi portare in viaggio tutta la tua biblioteca, trasformala direttamente in una casa di villeggiatura. Certo, c’è il problema della calce. Ops.

Due soluzioni demenziali, non è vero? Servono entrambe a eludere l’intollerabile verità: che domani parto, e non ho la più pallida idea di cosa mettere in valigia.

Guido Vitiello insegna alla Sapienza di Roma. Oltre che con Internazionale, collabora con il Corriere della Sera, il Foglio e il Sole24Ore. Ha un sito: UnPopperUno

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