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Cosa prevede il decreto Salvini su immigrazione e sicurezza

Braccianti agricoli nel ghetto di Rignano Garganico, l’8 agosto del 2018. (Antonio Masiello, Getty Images)

Il 24 settembre il consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il cosiddetto decreto Salvini su immigrazione e sicurezza. Il decreto si compone di tre titoli: il primo si occupa di riforma del diritto d’asilo e della cittadinanza, il secondo di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata; e l’ultimo di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.

Nei giorni precedenti all’approvazione si erano diffuse delle voci su possibili dissidi tra i due partiti di maggioranza, Lega e Movimento 5 stelle, ma il ministro dell’interno Matteo Salvini durante la conferenza stampa a palazzo Chigi ha voluto sottolineare che i cinquestelle hanno approvato senza riserve il suo progetto di riforma.

All’inizio i decreti avrebbero dovuto essere due: il primo sull’immigrazione e il secondo sulla sicurezza e sui beni confiscati alle mafie, poi nel corso dell’ultima settimana sono state fatte delle “limature” e i due decreti sono stati accorpati in un unico provvedimento. Il decreto dovrà ora essere inviato al presidente della repubblica Sergio Mattarella che a sua volta deve autorizzare che la norma sia presentata alle camere. Ecco in sintesi cosa prevede.

Abolizione della protezione umanitaria. Il primo articolo contiene nuove disposizioni in materia della concessione dell’asilo e prevede di fatto l’abrogazione della protezione per motivi umanitari che era prevista dal Testo unico sull’immigrazione. Oggi la legge prevede che la questura conceda un permesso di soggiorno ai cittadini stranieri che presentano “seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello stato italiano”, oppure alle persone che fuggono da emergenze come conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravità in paesi non appartenenti all’Unione europea.

La protezione umanitaria può essere riconosciuta anche a cittadini stranieri che non è possibile espellere perché potrebbero essere oggetto di persecuzione nel loro paese (articolo 19 della legge sull’immigrazione) o in caso siano vittime di sfruttamento lavorativo o di tratta. In questi casi il permesso ha caratteristiche differenti. La durata è variabile da sei mesi a due anni ed è rinnovabile. Questa tutela è stata introdotta in Italia nel 1998.

Nel 2017 in Italia sono state presentate 130mila domande di protezione internazionale: il 52 per cento delle richieste è stato respinto, nel 25 per cento dei casi è stata concessa la protezione umanitaria, all’8 per cento delle persone è stato riconosciuto lo status di rifugiato, un altro 8 per cento ha ottenuto la protezione sussidiaria, il restante 7 per cento ha ottenuto altri tipi di protezione. Come sottolinea il ricercatore Matteo Villa dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi), dal gennaio del 2018 le richieste di asilo in Italia stanno diminuendo.

Con il decreto Salvini questo tipo di permesso di soggiorno non potrà più essere concesso dalle questure e dalle commissioni territoriali, né dai tribunali in seguito a un ricorso per un diniego. Sarà introdotto, invece, un permesso di soggiorno per alcuni “casi speciali”, cioè per alcune categorie di persone: vittime di violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo, per chi ha bisogno di cure mediche perché si trova in uno stato di salute gravemente compromesso o per chi proviene da un paese che si trova in una situazione di “contingente ed eccezionale calamità”. È previsto infine un permesso di soggiorno per chi si sarà distinto per “atti di particolare valore civile”.

Estensione del trattenimento nei Cpr. Ora gli stranieri che sono trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), ex Cie, in attesa di essere rimpatriati possono essere trattenuti al massimo per 90 giorni. Con il decreto Salvini (articolo 2) il limite si sposta fino a un massimo di 180 giorni.

Trattenimento dei richiedenti asilo e degli irregolari ai valichi di frontiera. L’articolo 3 del decreto prevede che i richiedenti asilo possano essere trattenuti per un periodo di al massimo trenta giorni nei cosiddetti hotspot per accertarne l’identità e la cittadinanza. Il richiedente asilo può essere trattenuto, inoltre, per al massimo 180 giorni all’interno dei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr). L’articolo 4, infine, prevede che gli irregolari possano essere trattenuti negli uffici di frontiera, oltre ai Cpr, qualora non ci sia disponibilità di posti nei Cpr e con l’autorizzazione del giudice di pace, su richiesta del questore.

Più fondi per i rimpatri. All’articolo 6 è previsto lo stanziamento di più fondi per i rimpatri: 500mila euro nel 2018, un milione e mezzo di euro nel 2019 e un altro milione e mezzo nel 2020.

Revoca o diniego della protezione internazionale e dello status di rifugiato. Il decreto estende la lista dei reati che comportano la revoca dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria: saranno inclusi anche i reati come violenza sessuale, produzione, detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, rapina ed estorsione, furto, furto in appartamento, minaccia o violenza a pubblico ufficiale. La domanda potrà inoltre essere sospesa quando il richiedente abbia in corso un procedimento penale per uno dei reati che in caso di condanna definitiva comporterebbe il diniego dell’asilo. Inoltre, se il rifugiato tornerà nel paese d’origine, anche temporaneamente, perderà la protezione internazionale e quella sussidiaria.

Restrizione del sistema di accoglienza. Il Sistema per l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati (Sprar), il sistema di accoglienza ordinario che è gestito dai comuni italiani, sarà limitato solo a chi è già titolare di protezione internazionale o ai minori stranieri non accompagnati. Sarà quindi ridimensionato e cambierà nome.

Esclusione dal registro anagrafico dei richiedenti asilo. L’articolo 13 del decreto prevede che i richiedenti asilo non si possano iscrivere all’anagrafe e non possano quindi accedere alla residenza.

Riforma della cittadinanza. Il decreto prevede che sia modificata la legge italiana sulla cittadinanza del 1992. La domanda per l’acquisizione della cittadinanza potrà essere rigettata anche se è stata presentata da chi ha sposato un cittadino o una cittadina italiana. Finora le domande per matrimonio non potevano essere rigettate. Il contributo richiesto per la domanda aumenta da 200 a 250 euro, inoltre è prolungato fino a 48 mesi il termine per la concessione della cittadinanza sia per residenza sia per matrimonio. È inoltre introdotta la possibilità di revocare (o negare) la cittadinanza a chi viene condannato in via definitiva per reati legati al terrorismo. La revoca è possibile entro tre anni dalla condanna definitiva, per decreto del presidente della repubblica su proposta del ministro dell’interno.

Braccialetto elettronico. L’articolo 17 del decreto estende le ipotesi di reato che consentono al giudice di adottare il provvedimento di allontanamento dalla casa di famiglia e prevede inoltre l’uso del braccialetto elettronico anche per imputati dei reati di maltrattamento domestico e stalking.

Taser. L’articolo 21 stabilisce che le polizie municipali dei comuni con più di centomila abitanti possono sperimentare l’uso dei taser, cioè di armi a impulsi elettrici.

Estensione dei daspo. I daspo, cioè i divieti di accedere a manifestazioni sportive, saranno estesi anche a chi è indiziato per reati connessi al terrorismo. Il cosiddetto “daspo urbano”, introdotto dal decreto Minniti sulla sicurezza nel 2017, si potrà applicare anche nei presidi sanitari, in aree in cui si stanno svolgendo fiere, mercati e spettacoli pubblici. Infine il blocco stradale tornerà a essere un reato invece che una violazione amministrativa.

Criminalità organizzata e beni confiscati alla mafia. L’ultima parte del decreto contiene disposizioni sul contrasto alla criminalità organizzata e alla gestione dei beni confiscati alla mafia. È rafforzato lo scambio di informazioni tra le diverse amministrazioni interessate al fenomeno della criminalità organizzata. I subappalti sono sanzionati con la reclusione da uno a cinque anni, l’apertura dei cantieri dovrà essere comunicata al prefetto per i controlli antimafia, sarà rafforzato lo scambio di informazioni tra i diversi organi di polizia, la possibilità di nominare commissari antimafia nei comuni in cui sono emerse irregolarità, inasprimento delle sanzioni (reclusione fino a quattro anni e multa) nei confronti di chi organizza l’occupazione di immobili, possibilità di usare lo strumento di intercettazioni nelle inchieste su chi occupa degli immobili, riorganizzazione dell’agenzia che si occupa della gestione dei beni confiscati dalla mafia.

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