28 ottobre 2017 13:02

Fever Ray, Red trails
A sorpresa, la notte tra il 26 e il 27 ottobre Fever Ray ha pubblicato in digitale il suo nuovo album, intitolato Plunge. Il disco fisico invece uscirà a febbraio. Plunge è più percussivo e più vicino allo stile dei Knife (il duo svedese del quale Fever Ray fa parte insieme al fratello) rispetto all’esordio solista della cantante del 2009.

Stando ai primi ascolti, Plunge sembra inferiore al disco del 2009, ma anche qui ci sono alcuni brani interessanti. Tra i pezzi migliori va citato Red trails, che ha una melodia esotica, a metà strada tra Medio Oriente e Irlanda, con un violino in primo piano. Come altre canzoni del disco, Red trails affronta la sessualità e le questioni di genere in modo non banale. Come sempre, non manca qualche tocco di horror (”Il sangue era la nostra vernice preferita”, canta Fever Ray). Lo stile di Fever Ray è spesso ostico e la sua voce non è proprio aderente ai canoni del bel canto, ma la sua musica ha sempre un certo fascino.

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Brian Eno e Kevin Shields, Only once away my son
Mica male questa coppia. Brian Eno non ha bisogno di troppe presentazioni (è quello dei Roxy Music, ma ha fatto un altro paio di cosette dopo, tipo essere uno dei pionieri della musica ambient, produrre dischi meravigliosi dei Talking Heads, collaborare con David Bowie, scoprire gli U2 e mi fermo qui perché l’elenco diventerebbe sterminato). Ma anche Kevin Shields non è proprio l’ultimo arrivato (My Bloody Valentine, tipo).

Insieme, Eno e Shields hanno composto questo singolo pubblicato dalla Adult Swim. È una gemma a cavallo tra ambient e drone music, una specie di viaggio negli abissi del suono della durata di nove minuti. Si consiglia l’ascolto in cuffia.

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Arnold Blair, Trying to get next to you
La casa discografica britannica Soul Jazz Records va sempre tenuta d’occhio, perché pubblica ristampe e compilation molto interessanti. Un po’ di tempo fa, per esempio, è uscita una raccolta intitolata Soul 70, che mette insieme cinque storici 45 giri di musica soul rimasterizzati in digitale.

Ci sono pezzi emozionanti come questo di Arnold Blair, che negli anni settanta era sotto contratto con la Curtom Records, la casa discografica di Eddie Thomas e Curtis Mayfield. Per la cronaca, la versione che si trova qui sotto è quella non rimasterizzata che c’è su YouTube, quella della Soul Jazz ovviamente suona meglio.

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Noel Gallagher’s High Flying Birds, Fort Knox
Il maggiore dei fratelli Gallagher continua a pubblicare antipasti del suo nuovo album Who built the moon?, in uscita il 24 novembre. Fort Knox è un pezzo strumentale e sembra più interessante di Holy Mountain, il singolo uscito due settimane fa.

Qui si sente la mano del produttore nordirlandese David Holmes, dj e compositore di colonne sonore cinematografiche, che ha convinto Noel a uscire almeno un pochino dal suo recinto e ad avventurarsi in territori nuovi. Nuovi si fa per dire: lo stile di Fort Knox ricorda in parte le collaborazioni del passato con i Chemical Brothers, ma anche Screamadelica dei Primal Scream. Gallagher dice addirittura di essersi ispirato a Kanye West. Niente di rivoluzionario, ma almeno è una cosa un po’ diversa dal canone Oasis.

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Courtney Barnett e Kurt Vile, Fear is like a forest (live in Malibu)
Avevo già scritto qualche settimana fa di Lotta sea lice, il disco registrato dalla cantautrice australiana Courtney Barnett con lo statunitense Kurt Vile, pubblicato il 13 ottobre. Il sito Pitchfork ha avuto la buona idea (e i soldi) per convincere Barnett e Vile a suonare i pezzi del disco sulla spiaggia di Malibu, in California.

Fear is like a forest, un accorato e nostalgico omaggio al rock di Neil Young, è la canzone che rende meglio in questo contesto e la versione di Malibu è anche migliore di quella del disco. Qui trovate la performance integrale: Fear is like a forest comincia al minuto 10.35.

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