15 novembre 2019 15:44

Non si può capire la musica di Tanya Tagaq se non si tiene conto del luogo da cui proviene. Tagaq è cresciuta nel Nunavut, il territorio più a nord e più vasto del Canada, ed è considerata la principale esponente contemporanea del katajjaq, il tradizionale canto di gola inuit. È praticato di solito da due donne che si esibiscono faccia a faccia, senza accompagnamento.

Tanya Tagaq invece parte da questa tradizione, ma inserisce elementi presi da altri generi musicali. Canta da sola, anzitutto, e mescola la musica inuit con il folk e l’elettronica moderna. In questi anni si è costruita una solida carriera nel suo paese e non solo. Si è esibita in tutto il Nordamerica e nel resto del mondo. Nel 2004 ha collaborato con Björk all’album Medúlla e si è esibita con il Kronos Quartet. Nel 2014 ha vinto il prestigioso premio canadese Polaris Music Prize per l’album Animism. E ha sfruttato tutti i riconoscimenti e la fama ottenuta per attirare l’attenzione sulle cause che le stanno più a cuore: i diritti dei popoli indigeni e la crisi climatica. Del resto, come ha ricordato lei stessa in varie occasioni, il canto inuit fu vietato dai colonizzatori, e rievocarlo oggi è un atto di ribellione.

Tanya Tagaq non si è mai esibita in Italia: lo farà per la prima volta il 23 novembre a Milano, al festival Linecheck, arrivato quest’anno alla quinta edizione. La manifestazione, in programma dal 19 al 24 novembre nell’ambito della Milano Music Week, ospiterà altri artisti come Godspeed You! Black Emperor, Seun Kuti e Giorgio Poi, e darà spazio anche a incontri e conferenze. Quest’anno il Linecheck darà particolare risalto al Canada, il paese ospite, considerato un esempio di multiculturalismo con il 22 per cento dei cittadini nati fuori dai suoi confini, un record per i paesi del G7.

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La musica di Tanya Tagaq ha un legame fortissimo con le sue terre d’origine. Il suo ultimo ep, Toothsayer, pubblicato il 1 marzo, è stato composto come colonna sonora di una mostra chiamata Polar worlds, in programma al National maritime museum di Greenwich. Una sezione della mostra commemora il ritrovamento della nave del capitano sir John Franklin, che scomparve insieme al suo equipaggio nel corso di un’esplorazione artica partita dall’Inghilterra nel 1845. L’imbarcazione guidata da Franklin s’incagliò proprio nel territorio di Nunavut.

“In questo album volevo trasmettere le sensazioni che si provano affrontando il clima rigido di Nunavut, che nell’ottocento ha portato alla morte dei marinai. Il disco è stato prodotto da Jean Martin, un musicista che vive a Toronto. Sono entrata in studio con lui e ho cantato improvvisando su alcuni brani che lui aveva già arrangiato”, racconta Tanya Tagaq.

“Il titolo del disco è ispirato in parte al mio romanzo Split tooth, che racconta la storia di una ragazza inuit negli anni settanta, ma non solo. Mi affascina da sempre la parola inglese soothsayer (indovino), trasmette un senso di saggezza e di futuro”, prosegue la musicista. “Spesso le tradizioni indigene sono ridotte a culture primitiva o glorificate per la loro ‘autenticità’, ma non sono valorizzate come culture contemporanee. Sono stato felice di aver partecipato a questo progetto, che invece riconosce alla cultura inuit una valenza contemporanea”.

Il primo concerto in Italia di Tanya Tagaq sarà costruito sull’improvvisazione. “Per questa occasione suoneranno con me Jean Martin alle percussioni, il chitarrista di Montréal Bernard Feliz e Naia Ugarte alla txalaparta, uno strumento a percussioni tipico dei Paesi Baschi”, spiega la cantante.

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