03 gennaio 2018 16:40

Gentile bibliopatologo,
a casa nostra ci sono circa diecimila libri, anche perché mio marito è un compratore compulsivo e nulla può fermarlo. Nostro figlio, diciannove anni, arrivato come profugo a sedici anni dal Benin, invece non legge nulla se non quello che ha sul telefono. Parla l’italiano e il francese molto bene. Mio marito ha tentato di proporgli una varietà di letture, ma l’unico libro che è riuscito a finire (dopo molte insistenze) è Il piccolo principe. È grave?

–Antonella A.

Cara Antonella,
partiamo dalla più comune delle scene familiari: un bambino piccato, offeso o indispettito si chiude nella sua cameretta, mette il broncio e rifiuta di aprire la porta. La messinscena dura un po’ troppo a lungo e la mamma comincia a preoccuparsi, perché si è fatta ora di cena e il piccolo esule volontario non ha ancora mangiato nulla. Che fare, per gestire l’emergenza? Se non c’è modo di persuaderlo con le buone, e se i calcoli diplomatici sconsigliano di passare alle cattive, la mamma cercherà di recapitargli gli aiuti umanitari che la situazione le consente: cracker e pane carasau sotto la soglia della porta, grissini molto sottili attraverso il buco della serratura, perfino spaghetti a uno a uno. Penserà: meglio questo di niente. Ora, mettila così: tuo figlio si è chiuso nel suo telefonino, e non intende uscirne. È inutile continuare a proporgli libri, in compenso si può cercare di fornirgli provviste letterarie nell’unico luogo dove c’è speranza che le riceva: il suo display.

Hai mai sentito parlare di twitteratura? Il termine è stato reso famoso nel 2009 dal libro Twitterature: the world’s greatest books retold through twitter, scritto da due studenti universitari di Chicago, Alexander Aciman e Emmet Rensin, che all’epoca avevano la stessa età di tuo figlio. Ma la parola non si riferisce solo all’esperimento di rimpicciolire i classici in 140 caratteri. Più in generale, è il tentativo di adattare diversi generi letterari – poesie, aforismi, perfino romanzi – al formato del tweet. Lo so cosa pensi, da brava mamma: non voglio dare questa robaccia confezionata al mio ragazzo, chissà che schifezze ci mettono dentro. E allora fai questo esperimento.

Procurati un bel libricino di Félix Fénéon che si chiama Romanzi in tre righe. Sono storie fulminanti come lanci d’agenzia, scritte nel 1906 in una rubrica sul quotidiano Le Matin. Per esempio: “Un ignoto dipingeva d’ocra i muri del cimitero di Pantin. Un certo Dujardin si aggirava nudo per Saint-Ouen-l’Aumone. Due folli, parrebbe”; “A Djajelli una vergine di 13 anni ha ucciso con tre coltellate un suo impudico molestatore, di anni 10”. Tu prova a infilare un microromanzo di Fénéon, a tradimento, in ogni messaggio che mandi a tuo figlio: “Ciao, com’è andata oggi a scuola? Domenica uno sguattero di Nancy, Vital Frérotte, è morto per una sbadataggine. Era appena tornato da Lourdes, definitivamente guarito dalla tubercolosi. Ricordati di comprare il latte quando torni a casa. Baci, mamma”.

Vedrai, con queste dosi omeopatiche, giorno dopo giorno, potresti allevare a sua insaputa un grande amante della letteratura. E ti dirò di più: una mattina potrebbe perfino uscire spontaneamente dal suo telefonino, stropicciarsi gli occhi e chiederti, con la naturalezza distratta con cui si apre un frigorifero: cosa c’è in libreria?

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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