18 gennaio 2019 12:53

Meraviglie della distribuzione. A partire dal 20 gennaio, al netto di sorpresoni al botteghino e per poche ore, nelle sale ci saranno tre “mia”: Mia Martini. Io sono mia, Mia e il leone bianco, M.I.A. – La cattiva ragazza della musica. Fantastico.

È legittimo nutrire sentimenti contrastanti nei confronti di M. Night Shyamalan, autore di film come Il sesto senso e Signs, ma anche di The village e Lady in the water. L’idea di Unbreakable (sempre scritto e diretto da M. Night), cioè di creare una nuova e inedita generazione di supereroi, era geniale. Era il 2000, prima del grande reboot Marvel, quando ancora doveva uscire lo Spiderman di Sam Raimi. Split e Glass sono, uno a sorpresa, l’altro dichiaratamente, i tentativi di alimentare un universo (non il nostro a questo punto) in cui Superman, Spiderman e i Vendicatori sono eroi dei fumetti, mentre i veri supereroi sono altri. E questa continua a essere un’idea forte, che merita un plauso, anche vista la concorrenza schiacciante degli altri universi.

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In Glass, L’Orda, il super serial killer protagonista di Split (2016), che James McAvoy torna a interpretare, si ritrova nello stesso ospedale psichiatrico di massima sicurezza dov’è rinchiuso David Dunn, l’uomo che non si spezza di Unbreakable, e anche il suo primo e acerrimo rivale Mr. Glass, l’uomo di vetro, nei panni dei quali tornano a loro volta Bruce Willis e Samuel L. Jackson. Anche se sono alternativi, con questi supereroi tutti nella stessa stanza qualcosa succederà, è chiaro. Ma non dimentichiamoci da chi è stato scritto, diretto e prodotto Glass: un uomo schiavo dei colpi di scena, a cui non sempre riesce tutto a meraviglia.

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Sono una quarantina le attrici che hanno interpretato Mary Stuart, o Maria Stuarda, al cinema e in tv. Tra le più celebri ricordiamo Katharine Hepburn, Vanessa Redgrave e, più recentemente, Samantha Morton. Ora tocca a Saoirse Ronan in Maria regina di Scozia di Josie Rourke. Il bello di fare film su grandi figure della storia è che ci si può divertire a piegarle a seconda della tesi che si vuole portare avanti, senza preoccuparsi troppo di storia e storiografia ufficiale. Come scrive A.O. Scott del New York Times lasciamo ad altri il fact checking storico ma non si può non notare che “per riabilitare la figura di Maria si sacrifica completamente Elisabetta, una regina nevrotica e insicura”. L’idea che una delle più grandi sovrane della storia possa essere stata un modello di principe machiavellico al femminile non è minimamente presa in considerazione.

C’è però una specie di contrappasso. Delle oltre novanta Elisabetta I d’Inghilterra di cinema e tv (tra cui Vanessa Redgrave, finora direi l’unica a vestire i panni di tutte e due le regine), quella interpretata da Margot Robbie è una delle più cattive e trasfigurate. Anche grazie al pesante make-up, scompaiono la moglie del lupo di Wall street e la pattinatrice incazzata e ingenua per cui l’attrice australiana si è guadagnata la nomination all’Oscar. Robbie si sta affermando sempre di più come attrice eclettica capace d’imporsi, in primis fisicamente. Al contrario di Saoirse Ronan, che è bella ed eterea, ma s’impone molto meno.

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Messi da parte supereroi e teste coronate, arriviamo a un’altra donna importante, Marguerite Duras, protagonista di La douleur. Il film è un adattamento del romanzo autobiografico della scrittrice francese che ha lo stesso titolo. Durante l’occupazione nazista lo scrittore Robert Antelme, il marito di Duras, viene imprigionato e deportato. La douleur racconta la sofferenza di Marguerite nell’attesa disperata del ritorno di Robert. Il regista Emmanuel Finkiel ha deciso di trattare Duras come un personaggio vero e proprio, senza farsi schiacciare dall’idea di dare un volto a un totem della letteratura francese. Per interpretarla ha scelto Mélanie Thierry che finisce quasi per assomigliarle. Nel cast anche Benoît Magimel, un attore che purtroppo non riesco più a guardare con gli stessi occhi dopo averlo visto nella prima stagione della serie tv Marseille.

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