04 ottobre 2015 10:54

Si è svolto al cinema Apollo il dibattito “Una ferita ancora aperta”, sul genocidio degli armeni avvenuto il secolo scorso. Hanno dialogato Antonia Arslan, scrittrice armena, Cengiz Aktar, scrittore e politologo turco, Bernard Guetta, giornalista francese. Ha moderato l’incontro Andrea Pipino, di Internazionale.

La discussione sul genocidio armeno è ancora aperta. Di fatto si è trattato del primo genocidio del Novecento che ha causato la cancellazione di una comunità da un luogo geografico. Più di un milione furono gli armeni uccisi. Per costruire una monarchia monolitica, secondo i governanti dell’epoca, era necessario allontanare le componenti alloctone, a cominciare dagli armeni.Con questa tragedia la Turchia non ha ancora fatto i conti. Dapprima ha negato il genocidio, poi ha detto che gli armeni erano stati puniti per essersi ribellati all’autorità turca, infine sono stati messi in discussione i numeri e si è detto che non esiste univocità di vedute tra gli storici sul dramma. Perché dopo un secolo è ancora necessario parlare del genocidio? Perché la Turchia se vuole diventare un paese moderno e democratico deve fare i conti con quella tragedia. La società turca, da circa 10-15 anni, ha iniziato a parlarne. Soprattutto l’editoria e i giovani studenti turchi e curdi hanno iniziato dei dibattiti, e la società sta rimettendo in discussione questo tabù. Le tesi negazioniste sono ancora presenti, ma vengono sempre discusse. Il silenzio che avvolge ancora il genocidio armeno, non è solo turco, ma comune a tante altre tragedie avvenute in altri Stati. Il silenzio è umano, ma l’aspetto turco è la molteplicità storica di popoli presenti in Turchia .

Ancora molto lavoro di presa di coscienza rimane da fare: l ’uomo della strada, soprattutto chi vive nella parte ovest del paese, a causa di programmi scolastici che non affrontano il genocidio, non ne sa niente. Invece nella zona est la situazione è diversa, perché lì avvenne il massacro nei villaggi, e il ricordo si è trasmesso per via orale. E’ necessario che il processo di riconoscimento del genocidio parta dalla società.

Come spiega Cengiz Aktar, “il lavoro di memoria sta avvenendo, ma non è più un percorso politico. Ora è importante la società riconosca il genocidio, ne prenda coscienza. In questo modo le persono capiscono e ricordano.”

(Valeria Capucci)

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