04 ottobre 2016 19:50

“Avrei voluto conoscerti per dirti che le cose andranno meglio”. È questo l’istinto, ormai diventato una missione, del progetto “Things get better” creato da Dan Savage insieme marito Terry Miller, raccontato al Cinema Apollo al Festival di Internazionale di Ferrara. Iniziato nel 2010, in risposta al suicidio di Billy Lucas, quindicenne vittima di bullismo per la sua omosessualità, il titolo dell’iniziativa prende spunto da un messaggio sulla pagina Facebook in memoria del ragazzo. A silenziare l’odio di tanti commenti, quella frase, ricolma dell’amarezza di chi sa che avrebbe potuto fare la differenza. Ed è quello che i video del seguitissimo canale Youtube del progetto fanno: salvano vite di ragazzi e giovani queer grazie al supporto, ai consigli, alle strategie, alla realizzazione del fatto che quel particolare momento passerà, e lo si guarderà con una prospettiva diversa.

Dan Savage racconta una delle storie a conferma degli effetti positivi di questo progetto: una quindicenne texana lesbica gli ha scritto di non sentirsi sola, sotto le coperte, di nascosto in camera sua, mentre nella vita di tutti i giorni nasconde ai suoi genitori la realtà del suo orientamento sessuale perché loro sono incapaci di capire e hanno rifiutato il suo coming out con tanto di seminari “correttivi”.

Dan Savage non viene invitato a parlare nei licei, troppo pericoloso e troppo scandaloso, dice. Ma per il progetto “Things get better” ha realizzato che nell’era dei nuovi media e di internet, non c’è bisogno di essere invitati né di avere il permesso. “Noi non abbiamo bisogno che i genitori ci aprano la porta per parlare ai ragazzi. Noi abbattiamo la porta d’entrata, entriamo nelle loro camere e ci infiliamo sotto le coperte con loro, come nel caso della ragazza texana. Che i loro genitori abbiano realizzato che lo vogliono, o no”. L’ultima frase scaturisce da un’affermazione proprio della quindicenne, raccontata da un Savage commosso: “mi scrisse che ogni giorno guardava i suoi genitori e li amava per quello che sarebbero stati da lì a 10 anni”.

Il successo ed il potere del progetto “Things get better” sono indiscussi. Savage parla anche di come l’orientamento sessuale sia una ragione particolare, quando si parla di bullismo e, perciò, meriti una specifica attenzione. “Esistono diverse ragioni per cui un ragazzo può essere vittima di bullismo: razza, religione, classe. Ma questi ragazzi, quando tornano a casa possono confrontarsi con una famiglia che ha la loro stessa razza, religione, classe sociale. I giovani queer no: i loro genitori non sanno cosa fare perché non ci sono passati”. Savage e il progetto in generale hanno questa ambizione: dare strumenti a questi ragazzi, oltre a conforto e speranza. In risposta ad una domanda dei ragazzi delle scuole superiori presenti all’incontro in largo numero, Savage suggerisce ai genitori di ragazzi omosessuali di amarli per quello che sono e possibilmente relazionarsi ad altri genitori che vivano esperienze simili.

Alla richiesta del moderatore Daniele Cassandro di Internazionale di spiegare le differenze tra cyberbullismo e bullismo tradizionale, il giornalista statunitense risponde in termini di durata e frequenza: “il primo può essere no stop, continuo e costante”. E in merito a questo suggerisce, pur riconoscendo la difficoltà per ragazzi che formano in maniera importante la propria identità attraverso i social media, di andarsene da tali piattaforme. “Non abbiate l’impressione di far vincere il bullo. Quello che importa siete voi, dovete proteggervi”.

Suggerimento simile quello che riguarda il coming out: “createvi una scappatoia, è un processo difficile e dovete pensare al giusto tempismo per tutelarvi. E ricordatevi che quel momento non è la fine dei vostri problemi, è l’inizio di altri, nuovi”. D’altra parte però, Savage sorride pensando a quanto sia fondamentale questa tappa, momento di unificazione della comunità LGBT a livello transgenerazionale.

Quanto alla questione, sollevata dai liceali presenti, su cosa possano fare i ragazzi a scuola per prevenire o limitare il bullismo, il giornalista suggerisce di non rispondere a violenza con violenza, ma afferma che “le norme sociali sono la soluzione”. Racconta l’episodio accaduto nella scuola di suo figlio, in cui un ragazzo gay è stato protetto da tutte le ragazze, lanciando un chiaro messaggio agli esemplari maschili: “non toccatelo o non avrete nemmeno noi”.

Quanto all’omofobia in generale, Savage sostiene come essa sia paura, debolezza, causata dalla disinformazione. “Non possiamo eradicarla, siamo pur sempre scimmie. Quello che possiamo fare è contenerla e respingerla”. Il fatto che lo Stato non discrimini, delegittima la discriminazione stessa. Tuttavia è importante ricordare, secondo Savage, che i momenti di lotta dei movimenti omosessuali hanno conseguenze sui ragazzi omosessuali, nelle scuole e nelle loro relazioni sociali in generale. “Loro diventano l’oggetto reale delle paure che gli altri ragazzi sentono e percepiscono a causa delle bugie che in queste situazioni vengono dette anche in maniera più aggressiva e preponderante. Gli adulti che lottano non sono più vulnerabili, ma devono essere coscienti della pressione che riversano sulle giovani generazioni”.

Barbara Busnardo

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