05 ottobre 2017 14:56

Attivista, professoressa, filosofa, sono solo alcuni dei volti di Angela Davis, ospite all’ultima edizione del Festival di Internazionale. È stato con emozione che la giornalista Ida Dominijanni ha presentato un vero e proprio mito vivente, o, come l’ha definita, “una delle sorelle maggiori che ci ha aperto la strada”. La memoria di Angela Davis è ricca di una stagione di lotte vissute in prima linea, scontri violenti, conquiste ottenute a caro prezzo. Nel 2017, la sconfitta del razzismo, della misoginia e del capitalismo sembrano ancora sogni lontani, che non si sono tramutati in realtà. “Non sappiamo mai davvero quale sarà il risultato delle nostre battaglie, all’epoca lottavamo come se fosse possibile cambiare il mondo – ha affermato Angela Davis, sul palco del Teatro Comunale – non abbiamo raggiunto la rivoluzione per cui stavamo lottando, quindi credo sia importante accettare le promesse del passato e continuare”. Una promessa, ha detto Angela, che deve fare necessariamente parte dei programmi per il futuro, per continuare a ribellarsi al capitalismo, a lottare per il razzismo. “Vedo giovani che hanno raccolto quella lotta, molto più capaci di noi, che hanno strumenti diversi, più avanzati, e non ho rimpianti per il lavoro che abbiamo fatto all’epoca”, ha raccontato. La sfida maggiore per Angela è ritrovare quello spirito di collettività che contraddistinse quelle lotte: “L’individualismo distrugge l’individualità, mentre la collettività la alimenta. È questo lo spirito che dobbiamo proteggere e nutrire, un sentimento che attraversa confini, oceani, tempo – ha dichiarato l’attivista – e credo che tutte le lotte, femministe, antirazziste, di solidarietà debbano contribuire a coltivare il senso collettivo che ci unisce”. Ma come è possibile pensare di opporsi al razzismo in un mondo dove sono più i muri innalzati che i confini aperti, un mondo dominato dal suprematismo bianco, impersonato in maniera ancora più radicale nella recente scelta del leader americano? “Non c’è modo di concepire la storia degli USA senza considerare il genocidio dei popoli indigeni e la schiavitù, conseguenza e causa del razzismo strutturale che continua a essere il cuore del continente – ha spiegato Angela – e l’elezione dell’ultimo presidente denota un fallimento nell’affrontare il razzismo del passato. Forse le catene sono state spezzate, e la schiavitù smantellata come istituzione, ma non c’è stata l’assimilazione delle persone che furono schiave in una società democratica”. Eppure, l’elezione di Obama del 2008 sembrava andare in una direzione ben diversa. “Penso che la sua presidenza abbia costituito un momento storico a livello globale”, ha dichiarato Angela Davis, “Anche se in realtà non è cambiato nulla di sostanziale, si intravedeva una promessa di cambiamento, un senso di connessione tra tutto il mondo”. Ma gli Stati Uniti, come ha evidenziato l’ospite, sono ancora imperialisti, capitalisti, razzisti. Intanto, anche l’Europa deve oggi affrontare una situazione di razzismo dilagante e diffuso: “Penso che l’Europa si ritenesse immune al problema del razzismo – ha risposto Angela – che ha avuto però una crescita esponenziale: oggi è più complesso, l’islamofobia nel periodo della cosiddetta “lotta al terrore” ha di per sè delle fondamenta razziste, è importante comprendere i legami tra le diverse forme di razzismo e diverse storie razzializzate”.

Nonostante il contesto storico attuale sia scoraggiante, dei segnali positivi ci sono: guardando i voti delle ultime elezioni americane, come ha sottolineato l’attivista, è evidente che le donne vogliono finalmente far sentire la propria voce. La nostra è un’epoca in cui le donne stanno prendendo la parola in tutto il mondo, l’idea di “donna” non è più limitata a “donna bianca di classe media”: ora si stanno scardinando le categorie, e rendendole più inclusive. E proprio il femminismo, anzi, i femminismi, sono stati al centro della riflessione di Angela Davis, che li vive come una vera e propria metodologia di riflessione: “Il genere è intrinsecamente legato alla classe e alla razza di appartenenza – ha spiegato, dando una definizione di intersezionalità – Le femministe devono sempre essere coinvolte nella lotta anti razzista: non si troveranno femministe intersezionali che ritengono le questioni di genere più importanti di quelle razziali, o ambientali, sono tutte sullo stesso piano, e bisogna riflettere su come lottare insieme e fare fronte comune”.

Irene Lodi, collaboratrice volontaria presso l’ufficio stampa di Internazionale a Ferrara

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