16 novembre 2016 12:36

Quattrocento chilometri a nord di Rio de Janeiro, nello stato di Minas Gerais, si trova la più grande risorsa mineraria del Brasile e la più vasta riserva di ferro al mondo. Lo scorso novembre, due dighe contenenti vari milioni di acque reflue tossiche sono crollate, generando uno tsunami di fango che ha ucciso 19 persone e inondato interi villaggi. I fanghi sono finiti nel fiume Doce, inquinando le falde idriche e i terreni circostanti, prima di sfociare nell’oceano Atlantico. Almeno 1.200 sono rimaste senza casa e vivono ancora in costruzioni temporanee, dopo che sono state completamente distrutte 500 costruzioni tra case, scuole, cliniche e ponti.

Le famiglie coinvolte nel più grande disastro ambientale del paese, a un anno di distanza, stanno ancora aspettando che l’azienda responsabile, la Samarco mineração, costruisca dei nuovi villaggi e paghi i risarcimenti per ciò che hanno perso. La Samarco, fondata nel 1977, era piuttosto apprezzata nell’area, perché aveva portato occupazione. Oggi, però, si pensa che l’azienda fosse al corrente dei pericoli legati alle dighe e che i segni di un probabile crollo fossero evidenti, e che ciononostante non abbia preso nessun tipo di precauzione.

L’intero villaggio di Paracatu, come altri, è del colore dell’argilla, e dal fango spuntano libri, giocattoli, banchi di scuola e altri oggetti. Niente sembra cambiato in un anno.

Le foto sono state scattate nell’ottobre del 2016 da Leo Correa, fotografo dell’Associated Press.

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