10 ottobre 2017 17:15

“Nel 2014 ho cominciato un progetto sui componenti delle famiglie cinesi che si scattano foto a vicenda. È un’abitudine molto diffusa, soprattutto tra i fotografi amatoriali, e mi ha sempre affascinato. Scattano sempre, spesso mentre i loro amici o parenti li guidano nell’inquadratura e l’ambiente intimo si mescola con gli spazi pubblici”, spiega la fotografa statunitense Elizabeth Heyert nell’introduzione del suo libro The outsider, appena pubblicato dalla casa editrice Damiani.

Nei due anni successivi Heyert ha viaggiato tra Pechino, Shanghai, Suzhou e Hangzhou per cogliere momenti privati in luoghi spesso molto affollati. Non parlando cinese, si è mantenuta a distanza dai suoi soggetti, scegliendo di usare una macchina fotografica analogica in un paese in cui la pellicola non è più venduta.

Sono pochi i cinesi che sono riusciti a conservare foto delle proprie famiglie perché la maggior parte sono state distrutte durante la Rivoluzione culturale (1966-1976). Partendo da questa perdita condivisa, Heyert spera di poter contribuire alla costruzione di una nuova memoria collettiva.

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