Per molto tempo l’idea del prete che molesta i bambini è stata quasi un pettegolezzo, tra il segreto e la battuta volgare. Ma dal 2010, quando le vittime hanno cominciato a parlare, in Francia e in molti altri paesi sappiamo che queste aggressioni sessuali sono tante e spesso sono coperte dalla gerarchia cattolica. Il rapporto della commissione indipendente sugli abusi sessuali nella chiesa, pubblicato il 5 ottobre, dà a queste violenze la dimensione di uno scandalo su vastissima scala. Si stima che dal 1950 a oggi 216mila persone sono state vittime di abusi da parte di sacerdoti o religiosi quando erano minorenni; circa tremila ecclesiastici si sono comportati da pedofili.

Il punto è sapere quali lezioni saprà trarre dalla vicenda un’istituzione che in questo ambito ha fatto della dissimulazione e della mancata denuncia di reati penali un principio fondante. La commissione presieduta da Jean-Marc Sauvé propone alcune linee: la chiesa cattolica deve riconoscere le sue responsabilità in quanto istituzione, impegnarsi in un meccanismo di “riparazione finanziaria” e cambiare la sua modalità di governo, i percorsi di formazione e prevenzione. Inoltre la giustizia penale dovrebbe prevalere sul diritto canonico, si dovrebbe mettere in discussione la “sacralità della figura del religioso” e dare più spazio alle donne.

C’è da chiedersi se queste misure, in realtà minime, basteranno alla chiesa per riconquistare la fiducia persa e far sentire la sua voce nella società. Fondata sul dominio maschile, la chiesa cattolica sembra ignorare un principio fondamentale delle società moderne: l’uguaglianza tra uomini e donne. Il numero “ingente” e il carattere “sistemico”degli abusi sessuali rivelati dalla commissione indipendente pone non solo la questione della responsabilità di fronte alla società, ma anche quella del celibato dei sacerdoti e del ruolo riservato alle donne. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1430 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati