L’afgano medio non era ancora nato l’11 settembre 2001. È solo uno dei motivi per cui sarebbe ingiusto consegnare i fondi della banca centrale dell’Afghanistan alle famiglie delle vittime dell’attentato contro le torri gemelle. In Afghanistan ci sono già genitori costretti a vendere i loro organi per sfamare i figli, e il 98 per cento della popolazione non ha abbastanza cibo. Se il denaro non tornerà a circolare la situazione è destinata a peggiorare.

L’ordine esecutivo firmato l’11 febbraio dal presidente statunitense Joe Biden consente di dividere i sette miliardi di dollari della banca centrale afgana congelati dagli Stati Uniti dopo la presa del potere da parte dei taliban. Metà della cifra sarà conservata in attesa dell’esito delle cause intentate dai parenti delle vittime dell’11 settembre. L’altra metà, se i tribunali saranno d’accordo, sarà usata per gli aiuti umanitari all’Afghanistan. I fondi della banca centrale dovrebbero essere coperti dall’immunità diplomatica, ma a quanto pare Washington può disporne con il consenso di “un rappresentante riconosciuto del governo afgano”. A prescindere dai cavilli legali, l’aspetto morale è chiaro. Gli afgani non possono essere incolpati per i fatti dell’11 settembre 2001, di cui hanno già scontato ampiamente le conseguenze. Le famiglie delle vittime hanno già ricevuto sette miliardi di dollari, e altri dieci devono ancora essere versati. È evidente il contrasto con ciò che è successo in Afghanistan, dove nelle rare occasioni in cui gli Stati Uniti hanno accettato di risarcire le loro vittime civili le cifre sono state irrisorie.

Detto ciò, gli aiuti umanitari non sono un’alternativa a un’economia funzionante. Questo sistema apre una prospettiva in cui i salari degli operatori umanitari verrebbero pagati dagli afgani, mentre un’ondata di aiuti alimentari potrebbe causare altri danni all’agricoltura. Le Nazioni Unite hanno avvertito che il sistema finanziario afgano potrebbe crollare nel giro di pochi mesi. Sequestrare i beni della Banca centrale significherebbe assestare il colpo di grazia. Sono state proposte diverse soluzioni per ripristinare la liquidità senza cedere il controllo dei beni ai taliban. Il problema non è la mancanza di alternative, ma di volontà. Nessuno vuole aiutare i taliban, le cui prime vittime sono gli afgani. Ma nessuno può sostenere che il piano di Washington sia nell’interesse del popolo afgano. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1448 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati