Il disegno di legge sull’interruzione volontaria di gravidanza e la salute mestruale approvato dal governo spagnolo riafferma un obiettivo sociale di grande portata: rimuovere gli ostacoli che limitano il diritto all’aborto e migliorare le condizioni di vita delle donne. Il testo della ministra dell’uguaglianza Irene Montero ripristina i diritti che il Partito popolare aveva eliminato riformando la legge del 2010. Restituire alle ragazze di 16 e 17 anni la libertà di decidere di abortire senza l’autorizzazione dei genitori ed eliminare i tre giorni di riflessione servirà a ridurre la pressione familiare e la coercizione sociale e religiosa. L’obbligo di riflettere per tre giorni dopo aver preso una decisione che è sempre angosciosa e meditata puzza di paternalismo e ricorda altre epoche.

L’esperienza e le denunce di molte donne hanno dimostrato che in gran parte della Spagna l’accesso all’aborto è ancora limitato. L’85 per cento delle procedure viene effettuato in strutture private, perché negli ospedali pubblici mancano i medici disposti a eseguirle. Per evitare che le donne siano obbligate ad affrontare lunghi viaggi per abortire, il governo vuole aumentare la presenza di medici sul territorio.

La misura più innovativa riguarda però la salute mestruale. La legge porta alla luce una realtà che ogni mese coinvolge il 15 per cento delle donne spagnole in età riproduttiva. Le donne che soffrono dolori invalidanti durante le mestruazioni avranno diritto al congedo per malattia, senza un limite di giorni ma con l’obbligo di un controllo medico. Montero non è riuscita a ottenere l’eliminazione dell’iva sugli assorbenti, ma ha dichiarato che sarà inserita nella legge di bilancio.

Mentre nella società spagnola si ricominciano a sentire discorsi pericolosamente retrogradi o palesemente maschilisti, questa legge riduce le discriminazioni e cancella dei tabù fuori dal tempo. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1461 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati