Editoriali

Erdoğan è pronto a tutto

È al potere da vent’anni, ma non gli basta. Recep Tayyip Erdoğan vuole rimanerci ed è disposto a sacrificare qualsiasi cosa per farlo, compresa la sicurezza degli europei. Sa che il suo tempo è passato e che non lo aiuta il malcontento per l’inflazione incontrollata, la svalutazione della lira turca, la corruzione e le restrizioni alle libertà civili, in particolare quella d’informazione.

Non avrebbe diritto a ricandidarsi dopo la scadenza dei suoi due mandati presidenziali, quindi ha anticipato le elezioni al 14 maggio per poter sostenere di non aver completato il secondo. Può contare su una magistratura sempre più asservita, che ha condannato a tre anni e interdetto dai pubblici uffici il popolarissimo sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, del Partito popolare repubblicano (Chp), che se potesse candidarsi sarebbe uno dei più seri pretendenti alla successione.

Nella speranza di riconquistare la sua base, Erdoğan sta aumentando la spesa pubblica per mettere soldi in tasca agli elettori, rischiando di far salire ancora l’inflazione. In politica estera sta facendo leva sui sentimenti nazionalisti e religiosi bloccando l’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato. I due paesi hanno cercato di soddisfare le sue richieste di cooperazione nella lotta contro il nazionalismo curdo. Ma le pretese di Erdoğan ignorano la divisione dei poteri e le libertà fondamentali di riunione, manifestazione ed espressione. Non ha senso che un singolo atto di profanazione religiosa o una manifestazione filocurda diano alla Turchia il pretesto per bloccare l’allargamento della Nato in un momento così critico.

Non c’è da aspettarsi una svolta prima delle elezioni, e se Erdoğan vincerà, come suggeriscono i sondaggi, l’alleanza atlantica dovrà pensare a come riorganizzarsi di fronte alla Russia, proprio come sta facendo l’Unione europea con l’Ungheria di Viktor Orbán, amico del Cremlino. Nel frattempo dovrà offrire a Svezia e Finlandia garanzie adeguate. ◆ gac

Una luce sulla Russia

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, negli anni novanta, in Russia c’è stata una grande fioritura di mezzi d’informazione liberi. Oggi quasi tutti sono stati chiusi o sono finiti sotto il controllo del Cremlino e dei suoi alleati. Una delle ultime testate indipendenti, il sito Meduza, è stata appena inclusa dal governo nella lista delle organizzazioni “indesiderabili”, e chiunque lo legga o diffonda i suoi contenuti in Russia rischia una condanna penale.

Meduza ha raccontato il passaggio del presidente Vladimir Putin dall’autoritarismo morbido alla dittatura. La testata è stata fondata in Lettonia nel 2014, dopo che la Russia aveva invaso il Donbass e annesso la Crimea, da un gruppo di giornalisti guidati da Galina Timčenko, che era stata appena allontanata dalla direzione del sito Lenta.ru dal suo nuovo proprietario oligarca. Nel 2021 il governo russo ha definito Meduza un “agente straniero” per ostacolarne l’attività, e dopo l’inizio della guerra in Ucraina, a febbraio del 2022, il sito è stato oscurato in patria. Ma Meduza non si è arresa, e oggi è la principale fonte d’informazione indipendente in russo sulla Russia. Lavorando da Riga, ha messo le sue finanze e le sue attività al di fuori del controllo russo. Ora il sito è completamente proibito in Russia, in base a una legge del 2015 che permette di definire “non gradita” qualsiasi organizzazione minacci “le basi dell’ordine costituzionale e la sicurezza della Federazione russa”. Meduza non ha più giornalisti nel paese, ma il provvedimento minaccia chiunque diffonda i sui contenuti o li pubblichi sui social network, lo finanzi o fornisca informazioni per interviste e analisi. “Abbiamo paura per i nostri lettori, per chi lavora con noi e per i nostri cari”, hanno commentato i giornalisti di Meduza. “Ma crediamo nella libertà d’espressione e in una Russia democratica. Non abbiamo il diritto di arrenderci”.

L’attacco contro Meduza dimostra fino a che punto Putin sia scivolato nel totalitarismo e nel desiderio di controllare ogni aspetto della società. Il Cremlino ha criminalizzato la libertà d’espressione, associazione e religione, e sta cercando di distruggere l’Ucraina come democrazia. La sopravvivenza di Meduza è fondamentale per tenere accesa almeno una luce sulla Russia. ◆ as

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1497 - 3 febbraio 2023
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