Crisi alla frontiera

Lo stallo sui migranti al confine tra Polonia e Bielorussia rischia di trasformarsi in una pericolosa crisi internazionale. Da mesi il governo di Varsavia e quelli di Lituania e Lettonia accusano Minsk di favorire l’ingresso nel loro territorio di persone provenienti dal Medio Oriente e dall’Asia come ritorsione per le sanzioni imposte dall’Unione europea contro il presidente bielorusso Aleksandr Lukašenko. La tensione è salita ulteriormente all’inizio di novembre, quando migliaia di migranti si sono radunati nei pressi del valico di confine di Kuznica. La Polonia ha schierato l’esercito per sbarrargli la strada, costringendoli ad accamparsi lungo la frontiera, e ha dichiarato lo stato di emergenza nella zona, rendendola inaccessibile ai giornalisti e alle organizzazioni umanitarie. Secondo il premier polacco Mateusz Morawiecki, riferisce la Reuters, la Bielorussia spalleggiata dalla Russia vuole provocare un incidente, e presto “potrebbero essere sparati dei colpi”. La Nato si è detta pronta a intervenire per sventare quello che definisce un “attacco ibrido” contro un suo stato membro. Dopo le tensioni sui respingimenti illegali dei richiedenti asilo, anche la Commissione europea si è schierata con Varsavia.

Via il bavaglio

Il governo progressista spagnolo ha annunciato una profonda riforma della legge di sicurezza civica approvata nel 2015 dall’esecutivo conservatore di Mariano Rajoy, soprannominata ley mordaza (legge bavaglio) e criticata da più parti per le limitazioni imposte alla libertà d’espressione e al diritto a manifestare. Secondo El País, tra le altre cose il nuovo testo dovrebbe abbassare da sei a due ore il limite per la detenzione ingiustificata dei manifestanti, ridurre l’uso di armi antisommossa come i proiettili di gomma e cancellare i vincoli alla possibilità di filmare le manifestazioni.

Il divieto di aborto uccide

Cracovia, Polonia, 7 novembre 2021 (Beata Zawrzel, NurPhoto/Getty Images)

Il 6 e il 7 novembre decine di migliaia di persone hanno manifestato in varie città polacche contro il divieto quasi totale di aborto, stabilito un anno fa da una sentenza della corte costituzionale ed entrato in vigore da gennaio. Le proteste sono state indette quando è stata resa nota la vicenda di Izabela, una donna incinta di 22 settimane morta di setticemia dopo che i medici si erano rifiutati di praticarle l’interruzione di gravidanza nonostante le gravi malformazioni del feto. Secondo le organizzazioni femministe i medici temevano di incorrere nelle pene, fino a otto anni di carcere, previste dalla legge. Di fronte alle polemiche suscitate dall’episodio, il governo ha diramato delle nuove linee guida in cui si chiarisce che l’aborto è sempre consentito quando la vita della madre è a rischio. “In Irlanda è stata la rabbia suscitata dalla morte di Savita Halappanavar a spingere i cittadini a chiedere il referendum che ha sancito la legalizzazione dell’aborto”, commenta Polityka. “Se anche in Polonia partirà una mobilitazione simile, avrà il volto di Izabela”. ◆

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1435 - 12 novembre 2021
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