“La Cina si prepara a sospendere la campagna che sta portando avanti da più di un anno e mezzo contro le grandi aziende tecnologiche”, scrive il Wall Street Journal. Pechino è preoccupata dal recente peggioramento dell’economia nazionale, dovuto soprattutto alle misure restrittive decise per contrastare la diffusione della variante omicron del virus sars-cov-2, e ha bisogno di sostenere settori in grado di ravvivarla. Tra questi c’è sicuramente l’alta tecnologia, che però sta vivendo un arretramento preoccupante. Dopo l’ondata di inchieste, azioni antitrust e leggi restrittive, in particolare contro le aziende online, il settore si è svalutato e ha registrato una forte perdita di posti di lavoro. Secondo fonti vicine ai vertici di Pechino, per invertire la tendenza le autorità potrebbero per esempio bloccare le regole che limitano il tempo trascorso sulle app. “Il governo comunque spingerà tutte le aziende tecnologiche a trasferirgli l’1 per cento del loro capitale, in modo da verificare se le imprese sono allineate ai suoi indirizzi generali”. Un’operazione di questo tipo è stata già realizzata con la ByteDance, l’azienda proprietaria del social network TikTok, e con la Weibo, una piattaforma simile a Twitter. “L’allentamento della presa sul settore tecnologico”, conclude il quotidiano statunitense, “sarebbe una conferma dell’importanza della stabilità economica per il presidente cinese Xi Jinping, che l’anno prossimo vuole ottenere il terzo mandato”. ◆
Pechino fa la pace con la tecnologia
Un no al sindacato
Il 2 maggio i dipendenti del magazzino Ldj5 Amazon di Staten Island, a New York, hanno respinto la proposta di formare una rappresentanza sindacale, scrive il New York Times. Il 62 per cento dei votanti ha detto no al sindacato. Ha partecipato al referendum, lanciato dall’American labor union, il 61 per cento dei circa 1.600 dipendenti che avevano diritto al voto. Il 1 aprile l’American labor union, invece, aveva ottenuto una vittoria a un referendum simile in un altro magazzino Amazon di Staten Island, il Jfk8. Negli ultimi sei mesi negli Stati Uniti le richieste di formare rappresentanze sindacali sono aumentate del 60 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo gli esperti del lavoro, continua il quotidiano, il successo di queste iniziative dipende dalla condizione dei lavoratori: di solito falliscono quando i dipendenti hanno contratti precari, che li espongono alle pressioni dei datori di lavoro e li rendono meno propensi a correre i rischi di una campagna per il sindacato. ◆
Contro l’inflazione
Il 1 maggio in Grecia è entrato in vigore l’aumento del salario minimo annunciato dal governo conservatore di Kyriakos Mitsotakis il 20 aprile. Come spiega Le Monde, ora il salario minimo è di 713 euro lordi al mese. “Sono interessati dalla misura circa 650mila dipendenti. È stata aumentata, inoltre, l’indennità mensile per i disoccupati, che passa da 407 a 437,50 euro”. Ma per il principale partito dell’opposizione a sinistra, Syriza, gli aumenti non bastano, visto che l’inflazione è arrivata al 9,4 per cento, ben al di sopra della media europea del 7,5 per cento, e che in un anno il prezzo del gas è cresciuto del 68 per cento e quello dell’energia elettrica del 79 per cento.
Aumentano i salari
Il 2 maggio il presidente keniano Uhuru Kenyatta ha annunciato un aumento del salario minimo pari al 12 per cento, fino a 13.500 scellini keniani (circa 117 dollari) al mese, scrive Al Jazeera. L’obiettivo, ha spiegato Kenyatta, è aiutare i lavoratori a sostenere la crescita dei prezzi dei prodotti essenziali causata in parte dall’invasione russa dell’Ucraina.
Musk cerca soci nell’affare
Elon Musk è in trattative con grandi fondi d’investimento e ricchi imprenditori disposti a sostenerlo nell’acquisto di Twitter, che il 25 aprile ha accettato la proposta da 44 miliardi di dollari avanzata dal fondatore e amministratore delegato della casa automobilistica Tesla e dell’azienda aerospaziale SpaceX. L’obiettivo di Musk, spiega la Reuters, è ridurre l’esposizione del suo patrimonio personale, stimato in circa 245 miliardi di dollari, che per ora garantisce gran parte della cifra necessaria per concludere l’affare. Tra i fondi coinvolti ci sono l’Apollo Global Management e l’Ares Management. Musk ha anche chiesto agli attuali soci di Twitter di restare nell’azienda senza vendergli le loro quote.
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