15 novembre 2014 18:21
Manifestazione contro gli immigrati a Tor Sapienza, Roma, l’11 novembre 2014. (Stefano Montesi, Demotix/Corbis)

“Gli italiani non hanno lavoro e ai rifugiati diamo 40 euro al giorno”. “Noi se stiamo senza lavoro non riceviamo un euro, a loro invece li manteniamo senza far niente”. Frasi ripetute spesso, come un ritornello, in questi giorni di scontri nella periferia romana, per spiegare il clima di insofferenza dei cittadini nei confronti dei migranti ospitati nei centri di accoglienza.

Ma quanti soldi ricevono davvero i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati? E chi sono i minori non accompagnati, finiti al centro delle polemiche dopo le rivolte scoppiate nella periferia est della capitale?

Quaranta euro versati in media alle cooperative, meno di tre euro ai migranti. Il costo medio per l’accoglienza di un richiedente asilo o rifugiato è di 35 euro al giorno. Un importo non definito per decreto, ma calcolato in base alla valutazione dei costi di gestione dei centri.

Gli enti locali che decidono di partecipare al bando Sprar (Sistema di protezione e accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo), come l’ultimo del 2014-2016, hanno l’obbligo infatti di presentare un piano finanziario che deve essere approvato dalla commissione formata da rappresentati di enti locali (comuni, province e regioni), del ministero dell’interno e dell’Unhcr.

Le spese di gestione per migrante, valutate in media intorno ai 35 euro pro capite al giorno, possono subire dunque delle variazioni da regione a regione, secondo il costo della vita del posto e l’affitto delle strutture. Questi soldi però, dai 35 ai 40 euro al giorno, non finiscono in tasca agli ospiti dei centri ma vengono dati alle cooperative, di cui i comuni si avvalgono per la gestione dell’accoglienza. E servono a coprire le spese per il vitto, l’alloggio, la pulizia dello stabile e la manutenzione. Una piccola quota copre anche i progetti di inserimento lavorativo.

Della somma complessiva, solo 2,5 euro in media – il cosiddetto pocket money – è la cifra che viene data ai migranti per le piccole spese quotidiane (dalle ricariche telefoniche per chiamare i parenti, alle sigarette, alle piccole necessità come comprarsi una bottiglia d’acqua o un caffè).



I soldi per l’accoglienza vengono presi dal fondo ordinario che il ministero dell’interno ha a disposizione per l’immigrazione e l’asilo. “L’accoglienza dei richiedenti asilo è una risposta alla convenzione dei diritti dell’uomo e alla nostra costituzione”, spiega Daniela Di Capua, direttrice del servizio centrale Sprar:

In questi giorni sono state dette molte cose sbagliate che vanno chiarite. Innanzitutto i 40 euro al giorno non vengono dati in nessuno modo ai richiedenti asilo e ai rifugiati. Sono soldi erogati per la gestione dei centri, che vanno a chi si prende la responsabilità di gestirli. Servono dunque a pagare gli operatori, l’affitto ai privati degli immobili, i fornitori di beni di consumo. Una piccola quota va per gli interventi di riqualificazione professionale, come i tirocini, orientati a permettere ai migranti di vivere in autonomia una volta usciti dal sistema di accoglienza. E solo una quota residua viene data direttamente a loro. Si tratta del pocket money, pochi euro per le piccole spese quotidiane. Queste risorse fanno parte di un fondo ordinario del ministero. Non sono spese straordinarie.

Per quanto riguarda i minori non accompagnati, il discorso è diverso e il costo pro capite varia a seconda delle rette delle singole comunità di accoglienza. “Questo dipende dal fatto che per i minori non accompagnati si fa riferimento a una normativa diversa, rispetto agli adulti, originariamente indirizzata ai minori allontanati dalle famiglie in Italia”, continua Di Capua. “La competenza è dei comuni che si avvalgono per la gestione delle comunità di accoglienza. Queste devono assicurare anche un servizio sociale e di tutela, che comporta una spesa maggiore. Le rette possono dunque superare anche i 140 euro, ma per quelli che rientrano nello Sprar, indipendentemente dalla rette della comunità, noi eroghiamo 80 euro al massimo. Il ministero sta comunque lavorando per abbattere i costi di queste rette, pensando a una differenziazione anche per fasce d’età”.

In tutto sono 11mila i minorenni non accompagnati arrivati quest’anno in Italia. Si tratta di ragazzi, di età media tra i 12 e i 17 anni, che arrivano da soli sul territorio italiano. La maggior parte sono maschi e provengono dall’Afganistan, dal Nord Africa e dalla Siria. Spiega Di Capua: “Alcuni di loro sono stati aiutati a fuggire da zone di guerra o di conflitto dai genitori e hanno diritto a fare richiesta d’asilo. Altri vengono per lavorare o sono vittime dei trafficanti. In ogni caso per tutti, anche per i non richiedenti asilo, c’è un obbligo di tutela fino alla maggiore età”. Redattore sociale

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