12 dicembre 2014 10:00

L’inchiesta che ha rivelato l’esistenza di una organizzazione di tipo mafioso, capace di penetrare nella pubblica amministrazione della capitale, non è che l’inizio. A confermarlo è stato lo stesso capo della procura di Roma, Giuseppe Pignatone, durante l’audizione dell’11 dicembre in commissione antimafia.

“A breve saranno fatte altre operazioni”, ha preannunciato Pignatone alla presenza – insolita, come ha notato la stessa presidente Rosy Bindi – di tutti i parlamentari, compresi quelli di Forza Italia, che fin qui avevano per lo più disertato i lavori. Con lui c’era il procuratore antimafia Michele Prestipino. In due hanno parlato per quasi tre ore dell’inchiesta in corso, della originalità dell’organizzazione svelata dalla procura di Roma e degli strumenti per prevenire i fenomeni mafiosi e la corruzione. E hanno fatto luce su molti aspetti dell’indagine in corso. Ecco quali.

Destra e sinistra È passata alla cronaca come l’inchiesta che rivela la trasversalità della corruzione, tra destra e sinistra, Partito democratico e Popolo della libertà. Quando si arriva alle elezioni, i vertici di Mafia capitale si dicono tranquilli sull’esito del voto e vantano agganci sia nell’uno sia nell’altro schieramento. E però, dice che c’è una differenza lo stesso procuratore capo della repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone. Dall’indagine su Mafia capitale che lui stesso ha coordinato, emerge chiaramente che questa organizzazione si rapporta in modo completamente diverso con le due giunte che si sono succedute”. E infatti, tra gli arrestati – ha sottolineato Pignatone – ci sono tre figure “di vertice” dell’amministrazione guidata da Gianni Alemanno, a sua volta indagato, a cui viene contestato il reato di associazione di stampo mafioso. Mentre questa “presenza di vertice” non c’è più quando in Campidoglio si insedia la nuova giunta guidata da Ignazio Marino. Rimane però la “presenza estremamente pesante di Buzzi, che si caratterizza con tentativi di corruzione anche con la nuova amministrazione”.

La struttura e l’originalità Mafia capitale non ha una struttura rigida. C’è un capo, Massimo Carminati, l’ex terrorista di destra, che ha militato nei Nuclei armati rivoluzionari e che aveva legami con la banda della Magliana. E poi, spiega Pignatone, “ci sono altri due vice: uno sul lato militare, Riccardo Brugia, l’altro sul lato dei rapporti economici con la pubblica amministrazione”. Si tratta di Salvatore Buzzi, il fondatore delle cooperative cresciute grazie ai rapporti con la sinistra romana e agli appalti del comune di Roma. La trasversalità è una delle caratteristiche che fanno di Mafia capitale una organizzazione di stampo mafioso “originale”. “Carminati e tutta la sua filiera vengono dall’estrema destra. Buzzi, dall’estrema opposta”. Stanno insieme perché “la politica è una cosa, gli affari sono affari”, come dice Buzzi in una intercettazione. “Ma qui ci vorrebbe l’accento romano che mi hanno rimproverato di non avere”, dice il procuratore capo, a sottolineare le sue origini siciliane. La Mafia capitale invece è tutta “romana”, “e quindi non può non avere rapporti con la politica e la pubblica amministrazione della capitale”. E “privilegia la corruzione alla violenza, per evitare l’attenzione della magistratura e dell’opinione pubblica”.

La cupola “Mafia capitale è una associazione di tipo mafioso”, ribadisce il procuratore capo Pignatone. Ma non è una “cupola”, perché non ha la capacità “di controllare tutta Roma”. “Non siamo a Palermo, a Napoli o a Reggio Calabria”, ha spiegato Pignatone, “ma ci sono una serie di investimenti mafiosi e alcune specifiche associazioni di tipo mafioso presenti nel territorio metropolitano”.

La mafiosità Dimostrare lo stampo mafioso della organizzazione guidata da Massimo Carminati è l’obiettivo fondamentale dell’inchiesta condotta dalla procura di Roma. “A Mafia capitale non manca nulla. C’è tutto quello che conosciamo delle mafie tradizionali”, assicura il procuratore antimafia Michele Prestipino. Tipicamente mafioso è il rapporto con gli imprenditori, a cui Carminati offre protezione e agganci ma in cambio vuole che diventino suoi “esecutori”. Mafiosa è la capacità di penetrare nella macchina amministrativa capitolina. Indice di mafiosità infine è il riconoscimento da parte delle altre organizzazioni criminali, mafiose e no che si muovono nella capitale. Quello che manca è il controllo del territorio, che permette alle mafie tradizionali di accumulare potere di intimidazione. “Carminati e i suoi non hanno un controllo del territorio, non sono egemoni sulla città o su una parte del territorio”, ha ribadito Prestipino. Il potere di intimidazione in questo caso deriva direttamente dal passato del capo indiscusso di Mafia capitale, Massimo Carminati, dai suoi trascorsi nella banda della Magliana nell’estremismo di destra. E dal sistema di relazioni che a partire da quel passato è riuscito a costruire.

I rapporti con la ’ndrangheta L’operazione che ha portato a due nuovi arresti nella notte tra il 10 e l’11 dicembre è fondamentale perché fotografa i rapporti tra Mafia capitale e ’ndrangheta. E rafforza l’ipotesi che Mafia capitale sia una organizzazione di stampo mafioso. A spiegarlo alla commissione antimafia è stato il procuratore antimafia Michele Prestino, che ha sintetizzato la vicenda. Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, ha spiegato, sono due dipendenti della cooperativa di Salvatore Buzzi, la 29 giugno. Nel 2008 Buzzi li manda ad accreditarsi presso la famiglia Mancuso di Limbadi, pezzo importante della ’ndrangheta vibonese, attraverso il “canale giusto”, quello dei Piromalli di Gioia Tauro, vicino ai Mancuso. In seguito Mafia capitale costituisce una cooperativa che prende in gestione il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Cropani di Marina, dove vengono ospitati 240 migranti provenienti dal vicino centro di identificazione ed espulsione di Crotone. Cinque anni dopo, i Mancuso mandano a Roma un imprenditore e lo affidano alle cure di Carminati e Buzzi, che gli procurano un subappalto sulle pulizie del mercato Esquilino. Buzzi è un po’ scocciato. Carminati gli spiega: “Siamo stati cinque anni là e non ci ha toccato nessuno”, racconta Prestipino. Quanto questa vicenda sia indice di mafiosità, aggiunge, lo dicono i diretti interessati in un’altra intercettazione: “In quella rete là comandano loro”, dicono riferendosi ai Mancuso, “in questa rete qua comandiamo noi”.

Le “fonti” calabresi di Carminati Il ritratto che Massimo Carminati fa del nuovo procuratore capo di Roma prima ancora che si insedi è questo: “È una persona che non gioca, questo butta all’aria Roma, ha cappottato tutta la Calabria”. E secondo il procuratore antimafia, anche questa intercettazione acquista un altro significato alla luce dei legami che Mafia capitale aveva con le cosche. Denota un’attività di intelligence da parte di Carminati. Tipica delle organizzazioni mafiose.

Non solo Roma Molte intercettazioni contenute nelle pagine dell’inchiesta su Mafia capitale rimandano al centro per richiedenti asilo di Mineo, in provincia di Catania. I componenti della commissione antimafia hanno chiesto a Pignatone notizie anche sulla gestione e sulle gare relative a quel centro. “Appena avremo tempo, le indicazioni che si trovano nell’inchiesta saranno oggetto di scambio formale con la procura di Catania”, ha risposto Pignatone.

La punta dell’iceberg Una figura che i parlamentari della commissione antimafia hanno voluto approfondire è quella di Luca Odevaine, ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni in Campidoglio, passato a procacciare appalti e migranti per i centri d’accoglienza gestiti dai membri di Mafia capitale. I parlamentari hanno chiesto se è vero che Odevaine fosse anche consulente del Viminale e poi consulente del centro d’accoglienza ma anche membro della commissione che ha aggiudicato la gara per la gestione del centro. Pignatone ha risposto: “L’imputazione per turbativa d’asta è la punta dell’iceberg. È nostra intenzione approfondire non dico l’iceberg ma almeno le parti del fenomeno che sono di nostra competenza”.

Indagini sulla metro C C’è un’indagine in corso anche sull’appalto e la realizzazione della metropolitana C di Roma. Il procuratore capo di Roma lo ha confermato alla commissione antimafia. “Un’indagine che ha preso le mosse dagli accertamenti della guardia di finanza, della corte dei conti e dagli esposti del collegio sindacale non ha collegamenti con l’indagine su Mafia capitale ma è in pieno svolgimento”. Pignatone promette “a breve” novità sull’azienda di trasporti di Roma (sotto inchiesta da tempo), almeno per quanto riguarda le consulenze e i fondi portati a San Marino. Mentre nessuna indagine è in corso sul progetto del nuovo stadio della Roma: “Non apriamo indagini su notizie di giornale, attendiamo gli esposti”.

Le gare congelate Davanti alle indagini ancora in corso, anche le amministrazioni locali sono corse ai ripari. Il procuratore capo di Roma ha citato due esempi. “Il presidente della regione Lazio ha ritenuto di dover revocare un appalto da 60 milioni per il centro unico prenotazione”, ha addetto Pignatone. Mentre “un’altra gara del valore di 25 milioni per l’Ater, l’azienda che gestisce gli alloggi comunali, è stata sospesa dal comune di Roma”.

Le nuove mafie e il 416 bis La novità di Mafia capitale ha una portata generale. “Fenomeni come questo che abbiamo chiamato ‘Mafia capitale’ qualche anno fa non si potevano neppure immaginare”, ha sottolineato Pignatone. Non sarebbe quindi il caso di riformare l’articolo del codice penale che definisce l’organizzazione criminale di stampo mafioso? No, secondo Pignatone che ha raccontato come la commissione Fiandaca, istituita dalla ministra Anna Maria Cancellieri e di cui lui stesso ha fatto parte, avesse ipotizzato di modificare l’articolo 416 bis del codice penale, alla luce di quanto emergeva sulle mafie nel nord Italia “e di quel poco che io fui in grado di dire delle indagini su Roma che allora erano appena iniziate”. Alla fine, scelse di non toccare il 416 bis. E Pignatone condivide tutt’ora quella scelta: “Cerchiamo di capire prima i fatti”.

Misure anticorruzione Il procuratore capo di Roma ha invocato contro la corruzione “meccanismi premiali che spingano il corrotto a prendere le distanze dal corruttore”: “Serve una riflessione attenta, se lasciamo intatto l’interesse comune di corrotto e corruttore di difendersi a vicenda, non riusciamo a inserirci”.

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