18 maggio 2015 17:07
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Le Nazioni Unite hanno condannato il rifiuto dei paesi del sudest asiatico di soccorrere migliaia di migranti provenienti via mare dalla Birmania e dal Bangladesh.

Le autorità indonesiane hanno ordinato ai pescherecci di non aiutare i migranti, a meno che le loro barche non stiano affondando. I pescatori possono fornire cibo, acqua o carburante alle barche, ma non possono portare i migranti a riva poiché sarebbe illegale. Almeno 1.300 persone tra rohingya e bangladesi fuggiti dai loro paesi sono state soccorse dagli abitanti di Aceh, in Indonesia, nell’ultima settimana. Il sindaco di Langsa, il porto indonesiano dove arrivano gran parte dei migranti via mare, ha fatto sapere che la città non ha fondi per i soccorsi e non ha ricevuto alcun aiuto dal governo centrale di Jakarta.

Le agenzie umanitarie parlano di una grave crisi umanitaria in corso, mentre sui barconi alla deriva si muore di fame. La portavoce dell’agenzia dell’Onu che si occupa di rifugiati, Vivian Tan, ha definito il rifiuto di soccorrere i profughi “un brutto segno”. Anche la Malesia e la Thailandia hanno chiuso le frontiere impedendo ai migranti di entrare e rimandando indietro chi era riuscito ad arrivare. Intanto la Birmania, che rifiuta di riconoscere i rohingya come suoi cittadini, non accetta di prendersi alcuna responsabilità sulla persecuzione della minoranza musulmana. Tra i migranti ci sono anche bangladesi in cerca di fortuna.

Le Nazioni Unite hanno stimato che sono circa 120mila i rohingya scappati dalla Birmania negli ultimi tre anni. Per fuggire si affidano ai trafficanti che li conducono in Malesia o in Thailandia e li tengono in ostaggio finché i loro parenti non pagano un riscatto.

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