11 maggio 2016 15:56

Il governo brasiliano ha presentato ricorso al tribunale supremo federale per chiedere l’annullamento della procedura di destituzione della presidente Dilma Rousseff, avviata nel dicembre 2015. Il governo sostiene che il voto alla camera a favore della messa in stato di accusa sia stato influenzato dall’ex presidente dell’assemblea Eduardo Cunha, accusato di corruzione e riciclaggio nello scandalo Petrobras.

L’annuncio è arrivato proprio alla vigilia del voto del senato sulla procedura di impeachment della presidente, che è prevista l’11 maggio. Dilma Rousseff è accusata di aver truccato il bilancio nel 2014, per fare in modo che il deficit apparisse più basso. Rousseff avrebbe usato dei fondi provenienti da prestiti concessi dalle banche pubbliche per nascondere gli ammanchi.

Per questo l’opposizione ha chiesto le dimissioni e la messa in stato d’accusa della presidente, ma Rousseff ha smentito le accuse. Rousseff, la prima donna a essere diventata presidente della repubblica del Brasile, è stata rieletta per il secondo mandato il 26 ottobre 2014.

Le accuse contro la presidente

Il processo contro la presidente è cominciato nell’ottobre del 2015, quando la corte dei conti ha bocciato il bilancio presentato dal governo nel 2014. Secondo le accuse, la presidente Dilma Rousseff avrebbe manipolato i conti prima delle ultime elezioni, per fare in modo che il deficit apparisse più basso.

Il sospetto di aver ostacolato la giustizia. Oltre a Rousseff, nello scandalo sono implicati i vertici del Partito dei lavoratori (Pt): in particolare l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, indagato per frode e riciclaggio perché secondo la procura sarebbe stato al centro dell’organizzazione che gestiva i finanziamenti. Nel marzo 2016 Rousseff ha proposto di candidare Lula a capo di gabinetto del suo governo, ufficialmente per risollevare la situazione economica del paese. In questo modo gli avrebbe garantito l’immunità.

Il giudice federale Sergio Moro, a capo dell’inchiesta Petrobras, ha diffuso un’intercettazione telefonica tra Rousseff e Lula: nella conversazione si intuiva che Lula aveva accettato l’incarico di capo di gabinetto per ottenere l’immunità. Il 17 marzo una sentenza federale ha sospeso la nomina di Lula, ritenendo che l’assunzione dell’incarico ostacolasse la giustizia.

Lo scandalo Petrobras. La presidente inoltre è accusata di essere coinvolta, seppur indirettamente, nell’inchiesta per corruzione, aperta nel marzo 2014 sull’azienda petrolifera nazionale Petrobras (Petróleo Brasileiro S.A). Lo scandalo ha toccato i dirigenti della compagnia petrolifera di stato e le principali aziende brasiliane per le costruzioni e i lavori pubblici (Btp), che si occupavano dei cantieri delle infrastrutture per l’estrazione di petrolio sulle coste brasiliane.

Secondo l’accusa, la Btp ha formato un cartello per controllare questi appalti e ha gonfiato i contratti dall’1 al 3 per cento del loro valore. In cambio i partiti al governo hanno ricevuto tangenti e finanziamenti illeciti, usati per pagare le loro campagne elettorali. Tra le formazioni politiche coinvolte, ovviamente, ci sarebbe anche il Partito dei lavoratori, il partito di Rousseff e diLula.

Per i suoi avversari, Rousseff, che è stata presidente del consiglio d’amministrazione della Petrobras, ministra dell’energia del governo Lula dal 2003 al 2005 e capo di gabinetto del governo al tempo dei fatti contestati dall’inchiesta, non poteva non sapere della corruzione ai vertici della compagnia petrolifera. Inoltre, anche se non ha preso tangenti, secondo l’accusa ha beneficiato dei fondi illeciti per finanziare le campagne presidenziali del 2010 e del 2014.

Cosa può succedere adesso e cosa rischia Rousseff

Il 17 aprile la camera dei deputati ha votato per avviare la messa in stato d’accusa di Dilma Rousseff con 367 sì, 137 no e sette astensioni. Per autorizzare il procedimento erano necessari due terzi dei voti dell’assemblea, cioè il consenso di 342 deputati.

Il 10 maggio Waldir Maranhão, il presidente della camera ad interim, ha cercato di annullare per un vizio di forma il voto del 17 aprile, ma ha dovuto revocare la decisione per le pressioni del suo partito.

La mozione ora passa al senato. Se al termine della discussione la maggioranza dell’aula (41 senatori su 81) voterà a favore, Rousseff sarà sospesa per 180 giorni. È lo scenario più probabile, visti i numeri della camera.

In questi sei mesi, la commissione parlamentare d’inchiesta creata appositamente condurrà le indagini sul caso. Rousseff resterà nel palazzo della presidenza, ma senza alcun potere. Il vicepresidente Michel Temer assumerà l’incarico ad interim.

Dopo 180 giorni. La commissione esporrà le sue conclusioni al senato, riunito in sessione plenaria e presieduto per l’occasione dal presidente della corte suprema. Il senato voterà: se i due terzi dell’assemblea approveranno lo stato d’accusa – scenario più incerto – la presidente sarà destituita in modo definitivo e Temer assumerà in pieno l’incarico fino alle prossime elezioni nel 2018.

Variabili. Il procedimento può essere impugnato in qualsiasi momento presso la corte suprema, anche se finora i giudici del più alto tribunale federale brasiliano si sono mostrati poco inclini a difendere la presidente e hanno respinto tutti i ricorsi presentati per bloccare la procedura.

I sostenitori di Rousseff sostengono che l’accusa di aver falsificato i bilanci non sia sufficiente a destituire la presidente, che di fatto non è indagata dalle autorità giudiziarie in nessuna delle inchieste per corruzione che coinvolgono invece altri politici brasiliani. Elettori ed eletti del Pt definiscono la procedura di impeachment come un “colpo di stato” e promettono di continuare la loro battaglia nelle piazze e in senato. Eppure la popolarità di Rousseff è ai minimi storici nel paese, che sta affrontando la recessione economica.

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