25 maggio 2016 09:40

La ruota della storia ha girato. I nemici di ieri, Stati Uniti e Vietnam, sono diventati alleati. In visita dal 23 maggio ad Hanoi, il presidente statunitense Barack Obama ha reso ancora più forte questa alleanza annunciando la fine completa dell’embargo sulla vendita di armi, una delle ultime “eredità” della guerra che aveva contrapposto i due paesi fino al 1975.

Imposto nel 1984, questo embargo era stato parzialmente tolto nel 2014, ma le autorità vietnamite volevano andare più lontano a causa della crescente tensione con Pechino nel mar Cinese meridionale.

Anche se davanti ai giornalisti il presidente americano lo ha negato, l’iniziativa mira soprattutto a consolidare i legami strategici conclusi da Washington nella zona Asia-Pacifico per rispondere all’aggressiva strategia di Pechino, che ha pretese di affermazione territoriale che suscitano viva preoccupazione tra i suoi vicini.

La cautela di Pechino

Secondo Fox News la decisione statunitense permetterà di approfondire la cooperazione bilaterale, in particolare al livello della sicurezza, fornendo un sostegno significativo ai dirigenti vietnamiti, anche se questo non significherà un incremento della vendita di armi.

Contro ogni aspettativa Pechino ha reagito in maniera discreta – al contrario della stampa nazionalista cinese, molto più aggressiva – limitandosi a “sperare che l’approfondimento di questa relazione amichevole possa favorire la stabilità e lo sviluppo della regione”.

Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno accolto la notizia con molta freddezza, spiegando che Washington, prima di avviare questa apertura, avrebbe fatto meglio a chiedere la liberazione di alcuni prigionieri politici e la fine delle violenze della polizia contro gli oppositori del regime. “Obama ha dato al Vietnam una ricompensa che non merita”, osserva John Sifton, direttore del programma Asia per Human rights watch.

Da un punto di vista geopolitico The Los Angeles Times vede in questo accordo la prova che la volontà di Obama di fare perno sull’Asia per la politica estera statunitense (volontà criticata come un tentativo maldestro per disimpegnarsi dalla polveriera mediorientale), sta finalmente portando i suoi frutti.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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