18 gennaio 2017 17:44

Il 17 gennaio, dopo tre giorni di colloqui a Mosca, i palestinesi di Al Fatah e quelli del partito rivale Hamas si sono accordati per formare un governo di unità nazionale. L’intesa prevede il lancio, entro 48 ore, di una serie di consultazioni a questo scopo. Dopo la formazione dell’esecutivo, le varie fazioni palestinesi creeranno un nuovo consiglio nazionale, che includerà i palestinesi in esilio. Per la prima volta in molti anni ai negoziati hanno partecipato anche i rappresentanti di gruppi radicali come l’organizzazione della Jihad islamica.

La frattura tra Al Fatah e Hamas risale al 2006, quando la vittoria di quest’ultima alle elezioni legislative fece scoppiare una lunga guerra civile tra i palestinesi. Da allora Al Fatah, il partito del presidente Abu Mazen, governa la Cisgiordania mentre l’organizzazione rivale è al potere nella Striscia di Gaza. Nel corso degli ultimi dieci anni ci sono già stati tentativi di riunificazione, ma sono sempre falliti. Nel 2016 avrebbero dovuto svolgersi le prime elezioni in dieci anni nei Territori occupati, ma sono state posticipate indefinitamente dopo che l’alta corte di Ramallah aveva stabilito che avrebbero potuto svolgersi solo in Cisgiordania.

Un contesto diverso
Intervistato da Al Jazeera, l’ex consulente nei negoziati Khaled Elgindy ammette che non è chiaro se l’accordo di Mosca sia effettivamente diverso dai precedenti. Tuttavia, sostiene, è il contesto a essere cambiato: tra pochi giorni a Washington entrerà in carica un nuovo presidente, e non ha ancora precisato la sua posizione sul conflitto mediorientale. Anche il fatto che gli ultimi colloqui si siano svolti sotto l’egida della Russia e non degli Stati Uniti, come succedeva in passato, mostra un differente approccio.

Gli ultimi negoziati sono cominciati a Mosca il 15 gennaio, mentre a Parigi si svolgeva una grande conferenza di pace sul Medio Oriente, vertice al quale non partecipavano i rappresentanti delle parti in conflitto. Come ha scritto Mariam Barghouti su Middle East Eye, è stata “una conferenza senza pace” perché la lotta dei palestinesi è stata ridotta a un affare gestito dalle grandi potenze, senza interpellare le vittime di questa situazione.

Nel frattempo continuano gli episodi di violenza tra israeliani e palestinesi. Il 18 gennaio un palestinese cittadino di Israele e un agente di polizia israeliano sono morti mentre erano in corso le operazioni di demolizione di costruzioni abusive nel villaggio beduino di Umm al Hiran, nel sud del paese. Secondo la ricostruzione della polizia, Yacoub Abu al Qiyan avrebbe investito volontariamente con la sua auto il poliziotto Erez Levy ed è stato ucciso a colpi di pistola. Ma gli attivisti locali per i diritti dei beduini smentiscono che Al Qiyan volesse investire l’agente. Dopo l’incidente sono scoppiati violenti scontri, nel corso dei quali è rimasto ferito un parlamentare araboisraeliano.

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