05 aprile 2017 12:49

Indebolito di recente dal rallentamento della sua economia, fonte di tensioni sociali e di xenofobia, in Sudafrica la situazione è diventata sempre più critica. Infatti il 3 aprile la “nazione arcobaleno” ha visto il suo rating finanziario valutato dall’agenzia Standard & Poor’s scendere a BB+, il livello più basso delle categorie speculative.

Questa decisione segue il repentino allontanamento dal governo, alla fine della settimana scorsa, del ministro delle finanze Pravin Gordhan, rivale del presidente Jacob Zuma. Un politico che godeva della reputazione di uomo onesto e che aveva inoltre la fiducia dei mercati.

Per molti il grande rimpasto ministeriale che è stato fatto (sono stati sostituiti dieci ministri e nove sottosegretari) è un brutto segno, perché aumenta l’instabilità politica e mette in pericolo la struttura economica del paese.

Anche se il successore di Gordhan, Malusi Gigaba – uomo vicino al capo dello stato – ha annunciato che avrebbe prestato più attenzione all’economia reale, in particolare per quanto riguarda la popolazione nera, questo non ha impedito alla valuta nazionale, il rand, di perdere terreno.

Il futuro di Jacob Zuma
In questo contesto volatile, contrassegnato anche da forti tensioni all’interno del African national congress (Anc, il partito al potere), quale sarà il futuro di Zuma? Per Jason Burke, analista del Guardian, il veterano della lotta antiapartheid ha dimostrato di avere il “dono della sopravvivenza”. Ma questa volta è difficile che questa qualità sia sufficiente a salvarlo, sottolinea Burke, osservando che “la sua uscita potrebbe essere tutt’altro che dignitosa”. Ieri la Cosatu, principale confederazione sindacale del paese e alleata storica dell’Anc, gli ha chiesto di dimettersi.

Mentre sul quotidiano dello Zimbabwe NewsDay, Tapiwa Gomo, consulente per lo sviluppo a Pretoria, parla di una “democrazia confiscata”, l’Irish Times pubblica un “J’accuse” alla Zola e prevede per Zuma una fine simile a quella di Thabo Mbeki, che aveva dovuto mettere prematuramente fine al suo mandato presidenziale nel 2008, dopo aver perso la guida dell’Anc l’anno prima in seguito a uno scandalo.

Per il Financial Times, il Sudafrica è arrivato al “momento della verità”. Tutti nell’Anc dovranno scegliere il loro schieramento in vista del congresso di dicembre. In quell’occasione, conclude il quotidiano britannico, o i riformatori riusciranno a migliorare l’immagine appannata del partito – e quindi dello stato – o sarà la fine dell’Anc (nato nel gennaio 1992) come forza politica dominante.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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