08 novembre 2022 16:41

Norm Tam ha trascorso la maggior parte della sua vita scalando la piramide aziendale. A quarant’anni compiuti guadagnava un ricco stipendio come dirigente di un’azienda globale di spedizioni. Ma non poteva fare a meno di sentirsi un po’ vuoto. Cominciò così a cercare su Google termini come “significato” e “scopo”. Fino a quando non s’imbatté in un diagramma di Venn che mostrava quattro cerchi che contenevano le frasi “ciò che amate”, “ciò che fate bene”, “ciò di cui ha bisogno il mondo” e “ciò per cui potete essere pagati”. I suoi occhi si fissarono sulla bizzarra parola straniera che campeggiava all’intersezione dei cerchi: ikigai.

Tam, che vive in Canada, è uno dei tanti occidentali ad aver scoperto questo termine giapponese, che si può tradurre più o meno come “ragion d’essere”. Il diagramma, creato nel 2014 da Marc Winn, un imprenditore britannico, è diventato virale in rete, soprattutto su LinkedIn. Un libro di auto-aiuto scritto da due autori spagnoli, Il metodo ikigai. I segreti della filosofia giapponese per una vita lunga e felice, è stato tradotto in 63 lingue, ha venduto tre milioni di copie e ha contribuito a globalizzare questo concetto.

“L’approccio orientale, asiatico, è di grande ispirazione”, dice Paul Donkers, un career coach che vive nei Paesi Bassi. L’uomo coordina più di cento esperti autorizzati (da lui) di ikigai in tutto il mondo “per aiutare le persone a intraprendere delle carriere significative”. Esistono ormai pillole ikigai per perdere peso e aziende ikigai di criptovalute. Anche Tam ha creato un’attività economica ispirata a questo concetto: la Ikigai coaching. “La prima volta che ho visto il diagramma, ero terrorizzato… Ho capito che non stavo vivendo il mio ikigai”, dice. Da allora quei cerchi lo hanno guidato “come le luci sulla pista di un aeroporto”. Nei suoi laboratori aiuta i dirigenti e i capi d’azienda a reagire ai suggerimenti del diagramma. Consiglia di ricorrere alla meditazione per contribuire a “sbloccare” il loro potenziale, dice.

Alcuni esperti giapponesi sono stati ben felici di capitalizzare l’attrazione globale per l’ikigai

Eppure poche persone in Giappone la pensano allo stesso modo. Quando sono state organizzate alcune Ted conference sull’argomento, il tweet di un perplesso osservatore giapponese è diventato virale: “A quanto pare esiste un’antica filosofia chiamata ‘ikigai’, eh? E cosa sarebbe esattamente?”. I madrelingua giapponesi usano raramente questa parola. E se lo fanno, è per parlare di piccoli piaceri, come trascorrere del tempo in famiglia o coltivare i propri passatempi, dice Kanda Nobuhiko, psicologo all’università di Bunkyo, vicino a Tokyo. “Se decido di tagliare la corda da una lezione per bermi una birra, quello è un mio ikigai”.

Ikigai si unisce così a una lunga lista di termini giapponesi che sono stati riqualificati affinché infondessero un’aura di sapienza antica – ed esotismo – a concetti banali. Il kakeibo è stato presentato come “l’arte giapponese del risparmio” (in pratica, annotare su un taccuino spese ed entrate). Lo shinrin-yoku, o arte giapponese del “bagno nella foresta”, è in realtà una semplice passeggiata nella natura. L’espressione wabi-sabi descrive una tendenza della decorazione d’interni improntata all’arredamento minimalista e ai materiali naturali. In Giappone si riferisce a una filosofia estetica che valorizza l’imperfezione (hygge, una parola danese che significa più o meno “accogliente”, ha subìto un destino simile).

La differenza di interpretazione è però dovuta anche al passare del tempo. Nel 1966 Kamiya Mieko, una psichiatra giapponese, pubblicò Ikigai-ni-tsuite (A proposito d’ikigai), un libro di memorie basato sulla sua esperienza di cura dei malati di lebbra in un sanatorio di Nagashima, una piccola isola del sudovest del Giappone. Il suo messaggio, ovvero che gli individui possono superare le avversità purché abbiano qualcosa a cui aspirare, coglieva nel segno in un periodo in cui aumentavano sia gli standard di vita sia l’estenuante lavoro aziendale.

Alcuni esperti giapponesi sono stati ben felici di capitalizzare l’attrazione globale per l’ikigai. In Il piccolo libro dell’ikigai. La via giapponese alla felicità, Mogi Kenichiro, neuroscienziato di Tokyo, sostiene che l’ikigai è “profondamente radicato nella cultura giapponese”. Nel libro l’autore porta esempi di figure familiari anche all’estero, come Jirō Ono, uno chef di sushi reso famoso da un documentario di Netflix, e il regista d’animazione Hayao Miyazaki.

Altri vorrebbero che il concetto tornasse in auge in Giappone. Nonostante la sua reputazione di terra di persone sane e longeve, il Giappone non è certo il paese dell’utopia. Ha il più alto tasso di suicidi del G7, il club che raggruppa i paesi più ricchi al mondo. La sua esigente cultura aziendale ha portato a casi di karoshi, ovvero morte per eccesso di lavoro. Il suo governo ha cercato di legiferare per promuovere abitudini lavorative più sane, con scarsi risultati. Forse anche il Giappone potrebbe avere bisogno di una maggior dose di ikigai.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale britannico The Economist.

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