15 febbraio 2016 18:21

Taylor Gipple è un ragazzo di 22 anni di Des Moines, in Iowa, che prima di partecipare al caucus del 2 febbraio non aveva mai votato in un’elezione e non si era mai interessato molto di politica. Poi ha visto su YouTube alcuni video di Bernie Sanders che si scagliava contro la guerra in Iraq e contro i grandi finanziatori delle campagne elettorali e si è convinto di aver finalmente trovato un politico in grado di capire la frustrazione della sua generazione e di denunciare con passione, e soprattutto rifiutando ogni compromesso, un sistema guidato da una casta di vecchi politici che prendono ordini da Wall street e dalle grandi industrie.

Il 25 gennaio, pochi giorni prima del caucus, Gipple ha preso la parola durante un incontro tra i candidati democratici e gli elettori e si è rivolto a Hillary Clinton. “Sembra che tanti giovani come me sostengano con passione Bernie Sanders, e io semplicemente non vedo lo stesso entusiasmo dei giovani nei suoi confronti. Al contrario, ho sentito molte persone della mia età definirla una bugiarda”.

Il frammento è finito immediatamente su tutti i siti d’informazione e le tv l’hanno mandato in onda continuamente negli ultimi giorni di campagna elettorale. Gipple è diventato una star e, per molti commentatori, il simbolo più efficace per rendere l’idea delle differenze politiche e umane tra Hillary Clinton – noiosa, vicina all’establishment, disonesta – e Bernie Sanders – radicale, autentico, incorruttibile.

Il caucus in Iowa, e le primarie del New Hampshire del 9 febbraio, hanno dato ragione a Gipple e ai commentatori convinti che il principale problema della candidatura di Clinton stia nel fatto che non riesce a entusiasmare la parte più giovane dell’elettorato democratico, in buona parte composto da persone che quest’anno voteranno per la prima volta per un’elezione presidenziale e che in generale non hanno un’idea positiva della politica.

Consenso per Bernie Sanders tra vari gruppi etnici e demografici, per età, in percentuale.

Reuters

In Iowa Sanders ha ottenuto l’84 per cento dei consensi degli elettori tra i 19 e 29 anni, Clinton solo il 14 per cento. Ricerche e sondaggi in altri stati e al livello nazionale sembrano confermare questa tendenza. E fanno emergere un dato ancora più preoccupante per Clinton: il fatto che Sanders sembra essere particolarmente popolare tra le elettrici più giovani. Nel New Hampshire sette donne su dieci sotto i 45 anni hanno votato per Sanders e, secondo un sondaggio della Reuters, Sanders ha il sostegno del 61 per cento delle donne più giovani, contro il 28 per cento di Clinton.

Come si spiega il fatto che tanti ventenni associno il bisogno di cambiamento a un uomo che è in politica da più di quarant’anni, ha i capelli bianchi e che per aspetto e modo di esprimersi somiglia più a un attempato politico della sinistra minoritaria europea che al tipico profilo del candidato vincente statunitense? E come si spiega che tante donne non siano per niente entusiaste davanti alla concreta possibilità di avere per la prima volta nella storia degli Stati Uniti una donna alla presidenza?

Sanders ha saputo muoversi nel sistema riuscendo a conservare un’autonomia politica e restando fedele alle sue idee progressiste

La risposta più ovvia e immediata è che Sanders offre proposte radicali in una fase storica caratterizzata da una polarizzazione politica senza precedenti, in cui tanti elettori di sinistra sono convinti che Barack Obama abbia realizzato molto meno di quello che aveva promesso e che oggi i leader nazionali del Partito democratico pensino più ad accontentare i loro finanziatori che ad aiutare i giovani, le minoranze e i lavoratori.

Ma anche se il curriculum progressista di Sanders non è in discussione, sarebbe ingenuo credere alla versione che presenta il senatore del Vermont come un outsider rivoluzionario che conquista consensi grazie al suo passato di nemico dell’establishment.

Sanders è stato eletto come indipendente alla camera dei deputati per la prima volta nel 1991, due anni prima che Hillary Clinton entrasse alla Casa Bianca come first lady. Nel 1996 fu rieletto grazie al sostegno del comitato democratico per le campagne della camera; nel 2006 si è candidato al senato e il comitato democratico per le campagne del senato – finanziato anche da Wall street – gli ha dato una mano con duecentomila dollari tra donazioni e spazi pubblicitari. Dopo essere stato eletto senatore, ha ospitato più volte le conferenze del comitato dedicate ai finanziatori di campagne elettorali, lobbisti compresi.

In poche parole, più che costruire una carriera politica all’insegna della lotta contro il sistema, ha saputo muoversi nel sistema e nel partito riuscendo a conservare un’autonomia politica e restando fedele alle sue idee progressiste.

Tutto questo non sminuisce i meriti di Sanders, soprattutto il fatto di essere riuscito in pochi mesi a spostare il dibattito interno al Partito democratico sempre più a sinistra e di aver dato una voce alla base più progressista. Tuttavia si è spinti a pensare che il successo della sua campagna tra i giovani sia dovuto soprattutto ai limiti della sua avversaria. In particolare al fatto che Clinton è associata ad alcuni degli avvenimenti più traumatici dell’ultimo decennio. Eventi che hanno condizionato le idee politiche – e antipolitiche – di molti statunitensi che oggi hanno tra i 20 e i 35 anni.

Bernie Sanders parla davanti al liceo Bonanza di Las Vegas, il 14 febbraio 2016. (Evan Vucci, Ap/Ansa)

Un concentrato di errori

Il primo riguarda l’Iraq, che oggi è unanimemente considerato un concentrato di tutti gli errori commessi dagli Stati Uniti in politica estera dopo l’11 settembre del 2001. Quasi nessuno ha dimenticato che nel 2002 Clinton si era schierata a favore dell’invasione e oggi Bernie Sanders, come aveva fatto Obama nella campagna per le primarie del 2008, non perde occasione per ricordare agli elettori di essere l’unico candidato democratico che si è sempre opposto alla guerra perpetua degli Stati Uniti in Medio Oriente.

Il secondo momento di svolta per molti giovani americani è stata la recessione economica del 2007 e la nascita del movimento Occupy wall street, che ha portato le disparità economiche e i rapporti tra la politica e Wall street al centro del dibattito e ha radicalizzato gli studenti in molte città del paese.

Anche se la situazione economica è decisamente migliorata durante il mandato di Obama, la recessione continua ad avere conseguenze negative, in modo particolare tra i giovani: a maggio del 2015 il tasso di disoccupazione nella fascia tra i 18 e i 29 anni era del 13,8 per cento, in miglioramento rispetto all’anno precedente (15 per cento), ma comunque molto al di sopra del tasso di disoccupazione al livello nazionale, che è intorno al 5 per cento.

Di fronte a questa situazione Sanders lancia un messaggio populista ed efficace – smantellare le grandi banche, assistenza sanitaria gratuita per tutti – e rivendica di aver rifiutato i soldi dell’industria e delle banche per la sua campagna elettorale, mentre Clinton finisce sotto attacco per aver preso seicentomila dollari da Goldman Sachs per intervenire in tre conferenze (cercare di liquidare la vicenda dicendo “è quello che mi hanno offerto” non è stata una buona idea).

È molto difficile che l’ex segretaria di stato riesca a riconquistare la fiducia di una generazione di elettori di sinistra che esaltano la purezza politica, la distanza dall’establishment, come valore assoluto e sono cresciuti nella convinzione che la moderazione e il compromesso siano l’anticamera della corruzione.

Sanders ha ottenuto il sostegno di Ta-Nehisi Coates e Michelle Alexander, due degli intellettuali neri più influenti del paese

E non è detto che le cose per Clinton miglioreranno quando le primarie si sposteranno negli stati del sud. Il 20 febbraio i democratici voteranno in Nevada e il 27 febbraio in South Carolina. In entrambi gli stati l’ex segretaria di stato è nettamente favorita su Sanders grazie al sostegno delle minoranze che in quegli stati sono decisive, i latinos in Nevada e i neri in South Carolina. Ma ora Sanders, dopo aver vinto per più di venti punti in New Hampshire, è convinto di poter ricucire il distacco usando lo stesso messaggio – Hillary Clinton si interessa più a Wall street che alle minoranze – che in pochi mesi gli ha permesso di diventare un candidato credibile.

Alcune cose successe negli ultimi giorni fanno pensare che la strategia potrebbe funzionare. Nel giro di poche ore Sanders ha ottenuto il sostegno di Ta-Nehisi Coates e Michelle Alexander, due degli intellettuali neri più influenti del paese e tra i più ascoltati dal movimento Black lives matter. In realtà, più che veri e propri endorsement sono stati attacchi durissimi a Hillary Clinton.

Coates si è chiesto dove fosse Clinton negli anni novanta, quando sono state approvate alcune delle peggiori leggi in materia di giustizia penale, ha attaccato la candidata per la faccenda Goldman Sachs e ha detto che vorrebbe vedere un candidato radicale correre per il Partito democratico. Alexander ha scritto un articolo molto critico intitolato “Perché Clinton non merita il voto dei neri”, in cui invita i politici e i pastori neri a togliere il loro sostegno a Clinton.

Poco dopo il deputato nero della Georgia John Lewis ha attaccato Sanders mettendo in dubbio il suo impegno nelle lotte per i diritti dei neri degli anni sessanta. Lewis ha guidato la marcia di Selma del 1965, è considerato una leggenda vivente del movimento dei diritti civili e ancora oggi è una guida per molti neri.

Queste prese di posizione così diverse potrebbero essere il segno di una frattura nella comunità nera che divide le vecchie generazioni, schierate con Clinton, dagli attivisti del movimento Black lives matter, che potrebbero decidere di sostenere Sanders perché, come gli attivisti che si sono formati dentro Occupy wall street, sono diffidenti verso la politica dei partiti e sono pronti a sostenere idee più radicali.

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