26 dicembre 2017 10:28

Gli attivisti della valle del Giordano stanno cercando di convincermi a tornare lì per documentare le violenze dei coloni israeliani nei confronti dei contadini palestinesi. Ne ho scritto l’ultima volta circa un mese fa, ma le violenze non si sono fermate ad aspettarmi.

Ho detto agli attivisti che dovevano mettersi in fila. “Va bene, ma qual è la mia posizione in fila?”, mi ha scritto uno di loro. La mattina del 20 dicembre gli ho risposto: “Terzo o quarto”. Nel pomeriggio mi ha ricontattata: “È arrivato il mio turno?”. Evidentemente pensa che io sia veloce come un’impiegata delle poste. Gli ho risposto che non solo non era arrivato il suo turno, ma anche che le forze di occupazione israeliane gli erano passate davanti.

E anche la stampa israeliana, che ha sollevato un polverone su un video che mostra due ragazze palestinesi di 17 anni di Nabi Saleh, in Cisgiordania, mentre schiaffeggiano due soldati che si erano introdotti nel cortile della loro casa. Un’ora prima un soldato aveva sparato un proiettile ricoperto di gomma contro un ragazzo di 15 anni, amico e vicino delle ragazze, colpendolo alla testa. Il ragazzo si era arrampicato su una scala per osservare i soldati riuniti in una casa disabitata. Ma di questo la stampa israeliana, che ha trattato il caso come una bomba nucleare, non ha parlato. Le due ragazze sono state arrestate, insieme ai genitori di una di loro. Tutto questo ha distolto la mia attenzione da altri temi.

Sono andata a trovare il ragazzo ferito. È cosciente, parla e riconosce i familiari.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questa rubrica è stata pubblicata il 22 dicembre 2017 a pagina 29 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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