02 luglio 2018 17:43

Più di metà dei militari di leva israeliani consumano cannabis. Dato che i miei articoli seguono una linea fissa (abbasso il colonialismo e l’occupazione), sono sempre in cerca di variazioni. Un pezzo sullo sballo era una novità. Infatti la mia casella di posta è stata invasa dai commenti.

Un lettore americano ha contestato la mia tesi secondo cui uno degli effetti della cannabis è l’aumento dell’aggressività (il senso del mio discorso era che l’aggressività fa parte delle qualità richieste a un soldato). Il lettore, consumatore di cannabis da cinquant’anni, è un attivista contrario all’occupazione israeliana, e mi ha inoltrato il suo curriculum: ufficiale dell’esercito statunitense in congedo, broker, consulente finanziario, pilota e marinaio. Sono rimasta impressionata: un curriculum insolito per un attivista.

Un linguista e blogger israeliano contrario all’occupazione ha twittato il mio articolo con un commento: secondo lo storico Christopher Browning gli ufficiali dell’unità 101 della Wermacht rifornivano i soldati di alcol prima delle missioni omicide per neutralizzare la loro reazione emotiva.

Nel mio articolo ho esaminato due spiegazioni per l’aumento del consumo di cannabis tra i soldati. Una è che i militari sanno che quello che fanno è sbagliato: distruggere case, sparare agli abitanti di Gaza, rafforzare gli insediamenti. L’altra, più pessimista ma purtroppo più realistica, è che siano convinti sostenitori dell’occupazione e fumino solo per divertirsi di più.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questa rubrica è uscita il 29 giugno 2018 nel numero 1262 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati

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