23 luglio 2022 10:07

“Non ci crederesti mai. È come un incubo meraviglioso”. È così che Bill Gorton, il veterano bevitore di Fiesta (Il sole sorgerà ancora), il romanzo del 1926 di Ernest Hemingway, descrive la corsa dei tori a Pamplona, in Spagna. Ogni anno, alle 8 del mattino del 7 luglio, sei tori adulti (accompagnati da sei buoi) inseguono alcuni giovani del posto chiamati mozos (e un numero non trascurabile di turisti stranieri, attirati dal modo in cui Hemingway ha raccontato quella festa) per le strade della città fino all’arena, dove gli animali sono destinati alle corride più tardi nel corso della giornata.

Se questo antico rito vi sembra pericoloso, è perché lo è: dal 2005, almeno 78 persone sono state incornate, alcune in modo mortale. In gran parte erano turisti stranieri, che spesso avevano festeggiato tutta la notte prima di correre con gli occhi spenti lungo le sconosciute strade di ciottoli, di fronte ad animali veloci, aggressivi e che pesano più di mille chili. E il punto della faccenda è proprio il pericolo. A sentire Hemingway – e a vedere le strade riempirsi di circa un milione di turisti ogni anno – poche cose sono più emozionanti che cercare di correre più veloce dei tori, rischiando la propria vita.

Può darsi che la corsa dei tori vi sembri ridicola. Ma questa tradizione offre a ciascuno di noi una lezione su come esporsi a un po’ di pericolo. Quello vero, non quello finto come le montagne russe e le case delle streghe. Se avete bisogno di sentirvi più vivi, di aumentare il vostro coraggio o di vedere di che pasta siete, fare qualcosa che vi faccia uscire dalla vostra zona di sicurezza potrebbe essere la soluzione. Forse questo shock sistemico non comporta un pericolo come la corsa con i tori; forse può bastare imparare a guidare una Vespa, dire “ti amo” o tenere un discorso in pubblico. In ogni caso un po’ di paura e di pericolo, vissuti di proposito, possono creare un po’ di magia.

Uno stato di flusso
L’assunzione di rischi in sé può essere una nobile causa. Nel 2012, per esempio, alcuni studiosi che hanno intervistato i praticanti di sport pericolosi, come deltaplano e kayak d’acqua bianca, hanno scoperto che le loro motivazioni includono l’eccitazione, il raggiungimento di obiettivi, il rafforzamento delle amicizie, la messa alla prova delle capacità personali e il superamento della paura. Alcuni atleti di sport estremi descrivono l’esperienza come sacra, o indescrivibile con le parole. Può darsi addirittura che riescano a entrare in uno “stato di flusso”, una condizione nella quale, senza sforzo, ci si sente completamente immersi e totalmente in controllo della situazione.

Ma talvolta l’assunzione di rischi può essere un segnale di difficoltà. Le persone che, per esempio, trovano poco stimolanti le attività normali possono cercare fonti di sensazioni più forti in passatempi pericolosi, anche a rischio di autolesionismo. Queste sono conosciute come “persone alla ricerca di sensazioni forti” e tendono ad avere una bassa reattività dell’amigdala, il che significa che la loro risposta al conflitto o alla fuga è attenuata. Presentano anche risposte attenuate allo stress e allo spavento, e sottovalutano la probabilità di esiti negativi. Le persone con una bassa attività dell’amigdala sono più propense di altre a lanciarsi dall’aereo o a stuzzicare animali pericolosi, e anche a fare uso di sostanze pericolose, bevendo per esempio alcolici fino allo stordimento.

È possibile che sarete felici di aver corso con i tori, ma durante la corsa sarete probabilmente solo molto spaventati

Si può pensare che le persone che corrono dei rischi per le giuste ragioni siano coraggiose, mentre quelle che lo fanno nel tentativo di rimediare al loro basso livello di eccitazione siano spericolate. Gli scienziati sono riusciti a distinguere questi due tipi di persone usando le scansioni cerebrali. Le persone coraggiose hanno in genere un sistema limbico (quello dove si trova l’amigdala) normale e provano paura, ma s’impegnano per superarla. Le persone sconsiderate, di solito con un’attività limbica sregolata, non riescono a riconoscere il pericolo e quindi sono incuranti dei rischi. Non c’è dubbio che molte delle persone che corrono con i tori siano coraggiose, ma tra loro ci sono anche degli imprudenti.

Hemingway scrisse della corsa con i tori perché l’aveva fatta nel 1923 su esortazione della sua collega Gertrude Stein, e lo aveva trovato assolutamente rinfrancante. Ironia della sorte, Hemingway stesso non è un buon esempio di assunzione positiva dei rischi: era un ricercatore di sensazioni forti con una passato autodistruttivo, fatto di pericolose abbuffate.

Per quanto alcune persone amino il rischio – sia esso coraggioso o sconsiderato – la felicità che ne traggono tende a verificarsi dopo aver compiuto l’azione. Nel 2019 alcuni ricercatori che studiavano i praticanti di mountain bike in discesa libera hanno scoperto che i ciclisti dichiaravano che questo sport dava loro molta felicità. Ma la loro felicità era più bassa durante l’attività che prima o dopo di essa. L’emozione sembra derivare più dall’idea di aver fatto qualcosa di rischioso, che dall’averlo effettivamente fatto. In altre parole, è possibile che sarete felici di aver corso con i tori, ma durante la corsa sarete probabilmente solo molto spaventati.

Se fatto bene, impegnarsi in qualcosa di un po’ pericoloso può aumentare il coraggio e la felicità. Fatto male, è semplicemente stupido e rischia di farci male o addirittura morire. Ecco alcune linee guida per applicare questo concetto alla vostra vita.

Trovate i vostri tori con cui correre

Quando si tratta di felicità, il vostro sport estremo potrebbe non essere tecnicamente uno sport. Dei miei tre figli adulti, due hanno fatto paracadutismo per sfidare sé stessi (come me), mentre l’altro pensava che fosse un’idea idiota (come mia moglie). Ma quest’ultimo figlio si sposerà il mese prossimo all’età di 24 anni, una decisione che per molti suoi coetanei sembra più spaventosa di qualsiasi cosa stia accadendo oggi a Pamplona.

Pensate alle cose che state rimandando o che vi sembra di non poter fare, e che potrebbero essere possibili con un po’ di vero coraggio. Forse la sfida che vi aspetta è di tipo fisico, come il bungee jumping, o forse invece è sociale o emotiva, come dire a qualcuno i vostri veri sentimenti o prendere sul serio un cambiamento in ambito lavorativo che è per voi necessario. Forse si tratta di tornare a studiare o di lasciare una città in cui si è vissuto tutta la vita. Se vi sembra contemporaneamente possibile e terrificante, saprete di aver trovato la cosa giusta.

Immaginate il coraggio, ma non la temerarietà

Nelson Mandela una volta disse: “Ho imparato che il coraggio non è l’assenza di paura, ma il trionfo su di essa. L’uomo coraggioso non è colui che non ha paura, ma colui che vince la paura”. Sono parole rinfrancanti pronunciate da un uomo che può insegnare a tutti noi qualcosa sull’assunzione di rischi per il bene comune. Ma la domanda rimane: come posso vincere la mia paura?

Il primo passo consiste nell’immaginare di fare la cosa che vi spaventa, e come vi sentirete se correrete quel rischio. Questo vi abituerà all’idea e la renderà meno respingente.

Pensate con chiarezza, tuttavia, usando il vostro cervello cosciente per ragionare, e non solo l’amigdala per percepire sensazioni. In alcuni casi le probabilità di fallimento sono così alte e le conseguenze così terribili da rendere l’atto imprudente. Se non sapete arrampicare, non provate a farlo senza protezioni sulla montagna El Capitan. In molti casi, invece, visualizzare la vostra balena bianca vi porterà a capire che le probabilità di catastrofe sono estremamente basse o che, anche se le cose dovessero andare male, non finiranno con la morte di nessuno (per esempio se confesserete il vostro amore).

Fate un piano sensato e seguitelo

Dopo aver letto la mia rubrica sul cammino di Santiago nella Spagna settentrionale, una lettrice mi ha contattato per dirmi che aveva deciso di farlo: l’intero cammino di un mese e ottocento chilometri, non solo la versione leggera di una settimana che avevo fatto io. Per lei si trattava di una sfida personale che andava contro l’immagine che aveva da sempre di sé stessa: quella di una persona incapace di affrontare un’attività fisica faticosa e il dolore.

Il mio consiglio è stato quello di pianificare il viaggio con un anno di anticipo per avere il tempo di studiare, leggere testi di storia e filosofia e, cosa più importante, di rimettersi in forma. Se volete aumentare la vostra felicità correndo un rischio, dovete farlo nel modo giusto, e non solo agendo d’impulso. La ricerca dimostra infatti che la felicità e l’impulsività sono ampiamente incompatibili. Fare un piano, inoltre, vi permette di assaporare i contorni della persona che volete diventare: una persona che fa una cosa difficile di sua volontà, proprio perché è difficile.

Il paracadutismo è divertente, ma ho capito che non è la mia Pamplona. Non mi ha spaventato per niente. A pensarci bene, credo che nemmeno correre con i tori mi farebbe molta paura. Non è che la mia amigdala sia in tilt, comunque; semplicemente i danni fisici non sono per me una fonte d’ansia. Il fallimento professionale invece sì.

Cambiare lavoro e carriera ogni circa dieci anni è il mio sport estremo. Quando ho lasciato la mia carriera di musicista per diventare un accademico, mi sono sentito completamente insicuro e spaventato. Ma lo stress mi ha rafforzato e alla fine mi ha dato maggiore fiducia nel saper fare il prossimo cambio di carriera in futuro. Quando ho lasciato il mondo accademico per dirigere una grande organizzazione senza fini di lucro, non ho avuto la stessa paura, perché credevo di poter sviluppare le competenze necessarie alla mia nuova carriera. Dopo tutto, l’avevo già fatto.

Andate avanti e sbirciate attraverso la porta che avete paura di aprire. Potrebbe uscirne un gruppo di tori arrabbiati, che non vedono l’ora di inseguirvi per strade dissestate. Ma il vostro io migliore potrebbe essere lì con loro.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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