14 gennaio 2014 07:00

La data si avvicina. Il 22 gennaio dovrebbe aprirsi la conferenza di pace sulla Siria, chiamata “Ginevra 2” nonostante l’incontro sia stato fissato a Montreux. Allo stato attuale, comunque, non è ancora sicuro che la conferenza si terrà.

Il governo siriano, infatti, sta cercando in tutti i modi di sabotare l’appuntamento continuando a bombardare Aleppo, affamando metodicamente la popolazione delle regioni controllate dai ribelli e ribadendo che toccherà al presidente in carica condurre la transizione in caso di accordo durante la conferenza, il cui obiettivo definito dall’Onu è però quello di creare un governo provvisorio dotato di pieni poteri esecutivi (gli stessi di cui sarebbe privato Bashar al Assad).

I ribelli, continuano a rinviare la decisione sulla loro partecipazione alla conferenza, e le riunioni si susseguono in diverse città senza che si arrivi a una posizione chiara. A quanto pare la decisione potrebbe essere presa il 17 gennaio, ma al momento il campo dell’opposizione è diviso. Alcuni pensano sia meglio partecipare alla conferenza per non essere accusati d’intransigenza e perdere l’appoggio internazionale, mentre altri sottolineano che gli occidentali continueranno in ogni caso a rifiutare gli aiuti militari. In ogni caso, a prescindere dalle posizioni sulla partecipazione, tutti temono che russi e americani non riescano a trovare un’intesa a Montreux, permettendo in questo modo ad Assad di guadagnare il tempo necessario a schiacciare i ribelli.

I russi e il mediatore dell’Onu Lakdar Brahimi vorrebbero invitare l’Iran alla conferenza, mentre i paesi sunniti sono assolutamente contrari e gli occidentali accetterebbero la presenza del principale alleato della Siria soltanto a condizione che Teheran accetti la posizione dell’Onu sul passaggio dei poteri a un governo di transizione, e dunque la necessità dell’uscita di scena di Assad.

La situazione, insomma, è molto confusa, principalmente per due motivi. Il primo è che gli americani non vogliono lasciarsi trascinare nel conflitto, come dimostra la loro rinuncia all’intervento militare per punire l’impiego di armi chimiche da parte di Damasco. In quest’ottica si spiegano anche il desiderio di Washington di trovare un’intesa sul nucleare con l’Iran e la tacita richiesta rivolta agli iraniani di contribuire all’allontanamento di Assad in cambio della sopravvivenza del regime. Il secondo motivo di tanta confusione è che i russi, pur avendo accettato gli obiettivi definiti dall’Onu, non intendono scoprire le loro carte sull’uscita di scena del presidente siriano.

Americani e russi lavorano per tutelare i rispettivi interessi, e lo stesso fanno le potenze regionali. Gli europei invece sono assenti ingiustificati, fatta eccezione per la Francia, ma nella speranza di convincere gli insorti a partecipare alla conferenza (una speranza condivisa anche da russi e americani) il 13 dicembre hanno promesso che proveranno a strappare qualche concessione umanitaria a Damasco.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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