17 marzo 2016 09:31

Le giovani sinistre sono in difficoltà. Prendiamo il caso di Lula, l’ex presidente brasiliano. Operaio metallurgico a 14 anni e organizzatore di epici scioperi sotto la dittatura militare, durante i suoi due mandati presidenziali è riuscito a strappare dalla povertà 40 milioni di persone assicurando al suo paese una crescita annuale del 7,5 per cento.

Il suo bilancio è talmente positivo che quando ha lasciato il potere, nel 2010, il suo indice di gradimento era dell’80 per cento. Oggi però lo stesso Lula è costretto a tornare nel governo per salvare Dilma Rousseff, la presidente che ha contribuito a far eleggere, e mettersi lui stesso al riparo dalle accuse di corruzione.

Una vendetta molto attesa

Lula si difende, ma è possibile che abbia avuto il torto di accettare una ristrutturazione del suo appartamento offerta da un gruppo di imprenditori. Un giorno scopriremo la verità, ma in questo momento la certezza è che mentre Lula e Dilma sono il bersaglio di immense manifestazioni di piazza, le difficoltà economiche della Cina hanno provocato un calo del prezzo delle materie prime penalizzando il Brasile, alimentando il malcontento sociale e offrendo alla destra brasiliana l’occasione di consumare una vendetta tanto attesa.

Passiamo a Podemos, movimento diventato in un paio d’anni il terzo partito di Spagna. Podemos era un trionfo della democrazia, l’improbabile epilogo delle manifestazioni degli indignados che hanno partorito un nuovo partito pieno di giovani brillanti, europeisti convinti e moderati.

Da quando si presenta come forza di gestione e non più come forza morale, la sinistra è condannata a deludere e a sporcarsi le mani

Il problema è che appena diventato un attore importante nella scena politica, Podemos si è spaccato, perché alcuni leader sono favorevoli a una coalizione di governo con i socialisti mentre altri si oppongono. Conseguenza di tutto questo, Podemos è ora in calo nei sondaggi.

Prendiamo infine Syriza, la nuova sinistra greca di Alexis Tsipras, rassegnata all’austerità imposta dai creditori del paese dopo aver annunciato che non l’avrebbe mai accettata. Tsipras è ancora primo ministro e conserva la sua popolarità, ma nei ranghi del suo partito e tra i suoi alleati esteri serpeggia una grande disillusione.

Da queste disavventure della sinistra possiamo trarre due conclusioni. La prima è che la sinistra, da quando ha rinunciato alle rivoluzioni e ai bagni di sangue, deve affrontare la realtà dei rapporti di forze che soffocano il radioso avvenire di un mondo migliore. Da quando si presenta come forza di gestione e non più come forza morale, la sinistra è condannata a deludere e sporcarsi le mani.

La seconda conclusione è che la crudeltà della politica non ha confini. I drammi di oggi, infatti, non sono niente se confrontati alla cacciata di Churchill dopo la guerra, a Mendès France estromesso da una cabala di mediocri o a de Gaulle tradito dal paese che aveva salvato due volte.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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