01 aprile 2016 11:02

I precedenti non spingono di certo a riprovarci. A Vienna e a Versailles, quando i diplomatici hanno cercato di ridisegnare le frontiere non hanno fatto altro che provocare nuove guerre e rivoluzioni.

Modificare una carta geografica è pericoloso. È vero che dopo il 1945 “l’intangibilità delle frontiere” era diventata un principio sacro del diritto internazionale al quale la stessa decolonizzazione ha raramente derogato, ma oggi le crisi mediorientali sono caratterizzate proprio dalla dissoluzione di stati formalmente riconosciuti.

La Siria, l’Iraq e il Libano sono ormai solo degli stati fittizi, con rappresentanti alle Nazioni Unite e ambasciate sparse per il mondo, ma senza più alcuna unità territoriale. Il Libano è diviso tra sunniti, sciiti e partiti cristiani e non riesce neanche a eleggere un presidente. Ci sono tre Iraq, non uno solo: quello della maggioranza sciita monopolizza le istituzioni nazionali ma non ha molta influenza su quello curdo, diventato di fatto indipendente, e su quello sunnita, finito sotto il controllo del gruppo Stato islamico (Is) o diviso in territori tribali.

Per quanto riguarda la Siria – teoricamente governata da un presidente appartenente al ramo alawita dello sciismo – è un mosaico di feudi sunniti, curdi e sciiti, tutti controllati dai rispettivi eserciti – quello del governo, dell’Is, dei curdi e delle numerose componenti della maggioranza sunnita.

Possibile rinascita

Disegnati sulle macerie dell’impero ottomano dal Regno Unito e dalla Francia, che si erano spartite il Medio Oriente alla fine della prima guerra mondiale, nulla potrà resuscitare questi stati perché le loro comunità non vogliono più convivere e di fatto non l’hanno mai voluto. L’Iraq e la Siria avevano resistito solo grazie al controllo delle potenze coloniali e poi di spietate dittature. Fino alla metà degli anni settanta il Libano era rimasto unito grazie all’alleanza dei sunniti e dei cristiani maroniti, oggi diventata impossibile a causa dell’affermazione degli sciiti sostenuti militarmente dall’Iran.

Queste divisioni sono diventate ancora più irreversibili a causa della lotta tra l’Iran sciita e l’Arabia Saudita sunnita per il controllo di questi tre stati in nome della difesa dei loro correligionari e, soprattutto, dei loro interessi di potenze regionali.

Non solo le frontiere del Libano, dell’Iraq e della Siria sono ormai inesistenti, ma il Medio Oriente troverà una pace stabile solo quando le sue comunità etniche e religiose avranno i mezzi per governarsi da sole e quando sarà raggiunto un equilibrio regionale tra Riyadh e Teheran.

La realtà dei fatti ha già inventato un nuovo Medio Oriente, al quale bisogna dare una forma giuridica

Tutto ciò non avverrà in tempi rapidi. L’obiettivo è difficile da raggiungere ma non impossibile; però bisogna lasciare spazio alla creatività e trarre ispirazione dalle idee che cominciano a emergere in Siria.

Con le forze di governo e quelle ribelli allo stremo, con i terroristi del gruppo Stato islamico sempre più deboli e statunitensi e russi decisi a imporre una soluzione, si afferma la speranza di un compromesso siriano e le sue grandi linee cominciano a delinearsi. L’idea sarebbe quella di costituire un governo di transizione con uomini del regime e dell’opposizione, di affidargli i poteri, compresi quelli militari, ancora nelle mani di Bashar al Assad, e di fare della Siria uno stato confederale nel quale ogni comunità disponga di una larga autonomia.

In tal modo le frontiere siriane rimarrebbero inalterate e il paese sopravvivrebbe a se stesso, ma solo all’interno di una struttura riconosciuta, come un Commonwealth di regioni, cantoni o stati dotati di proprie istituzioni.

Di fatto questa è già la situazione del Kurdistan iracheno. I curdi della Siria hanno fatto un passo in questa direzione proclamando una “federazione” delle loro regioni. Il sud e il nord del Libano sono già territori rispettivamente sciiti e sunniti i cui legami con Beirut sono diventati molto labili. Da un punto di vista politico e militare la realtà dei fatti ha già inventato un nuovo Medio Oriente, al quale si tratta ormai di dare una forma giuridica.

Modello da estendere

Ma per fare questo bisogna cominciare dalla Siria, stabilizzarla nella sua nuova forma, smilitarizzarla progressivamente, neutralizzarla progressivamente per metterla al riparo della rivalità iraniano-saudita, ed estendere questo modello all’Iraq e al Libano.

Al contrario dei precedenti di Vienna e di Versailles, questa nuova carta regionale potrebbe diventare concreta, perché non comporterebbe modifiche delle frontiere e risponderebbe alla volontà delle popolazioni interessate, come hanno già dimostrato durante la guerra.

Se così fosse nascerebbero un nuovo Iraq, una nuova Siria e un nuovo Libano, e un intero nuovo Medio Oriente al cui interno questi stati neutrali e confederati sarebbero geograficamente inquadrati da quattro stati con tradizioni più solide: l’Egitto, l’Arabia Saudita, la Turchia e l’Iran.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Questo articolo è uscito sul settimanale economico francese Challenges.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it