11 ottobre 2016 09:28

Negli ultimi trent’anni l’occidente ha commesso grandi torti nei confronti della Russia. Sono torti incontestabili, ma davvero bastano a giustificare l’inqualificabile brutalità della politica siriana di Vladimir Putin? Il dibattito è sempre più acceso. Cerchiamo di vederci chiaro.

Il più grande errore degli occidentali è stato quello di non aiutare Michail Gorbačëv a vincere la sua scommessa. Gorbačëv voleva salvare la Russia dal crollo comunista trasformando l’Unione Sovietica in un mercato comune di stati indipendenti e garantendo una libertà politica che Mosca non aveva mai concesso in precedenza.

L’ex presidente russo è arrivato molto vicino al successo, ma le sue riforme hanno inevitabilmente accentuato le difficoltà economiche del suo paese. Da questa situazione è nato un malcontento sociale, e l’unico modo di porvi rimedio era quello di chiedere ingenti prestiti all’Europa e agli Stati Uniti, che però hanno rifiutato.

La cecità del Fondo monetario internazionale
E così la speranza di una transizione ordinata è andata in fumo, Gorbačëv è caduto e Boris Eltsin, il suo successore, ha deciso di somministrare alla Russia una “terapia d’urto” che gli occidentali dell’epoca hanno applaudito e finanziato. I vecchi burocrati comunisti si sono spartiti tutte le ricchezze industriali del paese. I pensionati sono stati buttati in mezzo a una strada dall’inflazione, ma il Fondo monetario internazionale e gli occidentali vedevano solo la fine del comunismo e il trionfo del mercato. La loro cecità ha contribuito pesantemente al disgusto che i russi provano nei confronti del mercato libero e della democrazia.

Il presidente russo vuole governare a vita, e anche per questo alimenta il nazionalismo

Questo è stato il secondo torto dell’occidente, quello che ha permesso a Vladimir Putin di ripristinare l’autoritarismo russo. Questi sono i due errori madornali per cui l’occidente paga ancora il prezzo, ma la cosa finisce lì.

Non possiamo certo rimproverare agli occidentali la decisione di aprire le porte della Nato ai paesi del vecchio blocco comunista e dell’Unione Sovietica, perché questi paesi hanno preso autonomamente la loro decisione nel timore di una vendetta russa, timore che sembra sempre meno infondato. Quanto all’allineamento diplomatico con gli Stati Uniti voluto da Mosca negli anni novanta, ha chiaramente umiliato il paese ma non è stato imposto da Washington. Al contrario, è stato voluto da Eltsin, di cui Putin era un collaboratore stretto.

Oggi Putin vuole ripristinare la potenza russa in un momento in cui la Russia, come un paese del terzo mondo, dipende sostanzialmente dalle materie prime a causa della debolezza della sua industria e del suo ritardo tecnologico. Il presidente russo vuole restare in carica a vita, e questi due obiettivi lo spingono ad alimentare il nazionalismo, cercando con ogni mezzo (dall’Ucraina alla Siria) di rendere la Russia una potenza di primo piano sulla scena internazionale.

Aleppo e i siriani pagano il prezzo di questo progetto. A prescindere dai torti passati degli occidentali, l’atteggiamento di Putin è inaccettabile e spregevole.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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