27 novembre 2017 11:35

I tentativi precedenti non alimentano l’ottimismo. L’Onu ha già organizzato sette incontri tra i gruppi siriani alla ricerca di un accordo di pace, senza però ottenere il minimo progresso. L’ottavo incontro si aprirà il 28 novembre a Ginevra proprio mentre la tensione tra l’Iran e l’Arabia Saudita è alle stelle e la crisi libanese è tutt’altro che risolta. Sembrerebbe che ci siano tutte le condizioni per un ennesimo fallimento, ma non possiamo escludere piccoli passi avanti, per tre motivi.

Il primo è che la coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti e appoggiata sul campo dai curdi ha avuto la meglio sul gruppo Stato islamico (Is). Il regime di Damasco e i suoi alleati russi e iraniani non possono più comportarsi come se i jihadisti e i ribelli fossero un tutt’uno e qualsiasi concessione politica da parte loro favorirebbe i terroristi. Finalmente affrontiamo il nocciolo dell’intera vicenda, ovvero il futuro politico della Siria. Questo renderà più chiari i dibattiti.

L’uscita di Assad
Il secondo motivo per cui il prossimo vertice potrebbe non essere sterile come i precedenti è che riunirà i diversi movimenti di opposizione e di lotta armata. Dopo essersi incontrati la settimana scorsa a Riyadh su invito delle autorità saudite, i movimenti hanno formato una delegazione unica che li rappresenterà a Ginevra adottando una posizione comune per ribadire la richiesta di un’uscita di scena di Bashar al Assad, a loro dire indispensabile per qualsiasi processo di transizione politica.

È una posizione ferma, più dura di quella degli occidentali che sono sempre più evasivi sulla sorte del presidente siriano. Tuttavia il principale ostacolo sulla via di un compromesso è finalmente chiaro. Se ci sarà una trattativa, è possibile che possa dover fare i conti con i reali poteri di cui disporrebbe Assad fino al suo definitivo ritiro.

Putin avrebbe tutto da guadagnare da una soluzione siriana

Il terzo motivo per cui il fallimento di questa riunione di Ginevra non è scontato, è che Vladimir Putin preferirebbe poter presentare se stesso e il suo paese come artefice della pace invece di impantanarsi in Siria. In questo modo la Russia potrebbe mettere piede in modo duraturo in Medio Oriente come forza di compromesso e moderazione. Putin avrebbe tutto da guadagnare da una soluzione siriana e negli ultimi giorni è sembrato che voglia favorire un esito positivo della trattativa moltiplicando i contatti con tutti gli attori coinvolti nel conflitto.

Se a Ginevra le cose si muoveranno davvero, sentiremo parlare meno di Assad e più della costituzione, perché la pace passa inevitabilmente per una nuova legge fondamentale che possa garantire i diritti e l’autonomia di tutte le comunità. Ognuno ha il suo progetto, ma ancora niente è deciso.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it