14 dicembre 2017 11:45

Era solo un’elezione suppletiva. L’Alabama doveva sostituire uno dei suoi senatori entrati a far parte del governo. Eppure il voto, che ha premiato i democratici, è sulla bocca di tutti negli Stati Uniti, non senza ragioni.

È la prima volta negli ultimi 25 anni che l’Alabama elegge un senatore democratico. Il candidato repubblicano, Roy Moore – nemico degli omosessuali, paladino della religione e accusato di aver molestato alcune minorenni – era sostenuto da Donald Trump. Moore era prima di tutto l’uomo di Stephen Bannon, ex consulente politico del presidente e grande teorico della necessità di rompere con l’apparato tradizionale repubblicano per riportare al centro dello scacchiere gli elettori bianchi delle piccole città e delle campagne che non si sentono rappresentati e che hanno votato in massa per Trump.

In discussione in Alabama c’erano anche il presidente e ciò che rappresenta, ed ecco che Trump è stato sconfitto proprio nello stato dove si pensava che i democratici non potessero vincere.

Convincere l’elettorato nero
La situazione è tanto più intrigante se pensiamo che si tratta anche di una rivincita dell’apparato repubblicano e di un partito, dai militanti ai semplici elettori, che non si riconosce in questo presidente, nei suoi metodi, nei suoi uomini e nei suoi tweet.

In definitiva, però, i repubblicani perdono un voto al senato, e ora devono capire da cosa nasce la sconfitta del 12 dicembre. Se il motivo sono le accuse di pedofilia nei confronti di Moore allora non c’è da preoccuparsi troppo, perché evidentemente i candidati alle elezioni di metà mandato del prossimo novembre non presentano lo stesso “inconveniente”. Ma se il problema fosse proprio Trump? Bisognerebbe prendere le distanze dal presidente e magari tentare di metterlo in stato d’accusa?

Tra undici mesi la credibilità del presidente potrebbe essere ai minimi storici

Non è chiaro. I repubblicani sono perplessi. Al contempo il voto dell’Alabama ha ridato speranze ai democratici, che già immaginano di poter conquistare la maggioranza in entrambe le camere nel novembre 2018.

Se riusciranno, come ci sono riusciti in Alabama questa volta, a convincere gli elettori neri ad abbandonare l’astensione per opporsi al revanscismo bianco incarnato da Trump, avranno un solido margine di manovra. Nel frattempo, se Trump continuerà a fare disastri (come il 13 dicembre, quando ha accusato una senatrice democratica di prostituirsi e ha smentito pubblicamente il segretario di stato sulla Corea del Nord) tra undici mesi la credibilità del presidente potrebbe essere ai minimi storici.

Sul volto dei democratici è tornato il sorriso. Resta da capire se per loro è meglio virare a sinistra per mobilitare i più poveri o restare prudentemente al centro per rivolgersi a un elettorato più ampio. Questo è l’interrogativo principale del loro dibattito.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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