16 gennaio 2018 11:29

Di sicuro non c’è niente da “festeggiare”. Allora diciamo che il 20 gennaio prenderemo tristemente nota del primo compleanno della presidenza di Donald Trump. Prima dei bilanci e delle retrospettive che sicuramente pioveranno da tutte le parti, vale la pena porsi tre interrogativi.

Per prima cosa dobbiamo capire se il predominio internazionale degli Stati Uniti potrà sopravvivere a Trump. Non è affatto scontato che sia così, perché Trump arriva dopo George W. Bush e Barack Obama, due presidenti che avevano già avviato il ritiro statunitense dalla scena internazionale.

Negli ultimi anni del suo secondo mandato, Bush non aveva fatto altro che cercare di uscire dal caos che la sua avventura in Iraq aveva seminato in Medio Oriente.

È sotto di lui che è cominciato il declino politico della potenza statunitense. Finché Barack Obama, nonostante la straordinaria pertinenza dei suoi discorsi di politica estera, non ha accentuato questa tendenza rifiutandosi, all’ultimo minuto, di colpire l’aviazione di Bashar al Assad dopo che il dittatore aveva utilizzato armi chimiche contro il suo popolo.

Campo libero per Putin
Obama aveva parlato di “linee rosse”, e il giorno in cui ha preferito l’immobilità nonostante le linee rosse fossero state abbondantemente superate, Vladimir Putin si è sentito libero di rimettere piede in Medio Oriente correndo in aiuto di Damasco e nessuno al mondo si è più fidato degli Stati Uniti.

È in questo contesto che è arrivato Trump. Anche lasciando da parte la sua insostenibile volgarità, è innegabile che il nuovo presidente ha commesso innumerevoli gaffe in dodici mesi, ha adulato la Cina dopo averla ripetutamente offesa, ha complicato i rapporti con la Russia dopo aver sognato di stringere un’alleanza con Mosca e ha fatto capire rapidamente agli europei che non possono contare su Washington. Il mondo, di conseguenza, si è già abituato a vivere senza il gendarme americano.

Sembra difficile che in futuro qualcuno sia ansioso di rientrare nella sfera d’influenza degli Stati Uniti

Dato che non ci sono altri gendarmi, però, questo stesso mondo è alla ricerca di nuovi rapporti di forza. L’Unione europea cerca di recuperare il tempo perduto e serrare i ranghi, la Cina mostra i muscoli al continente asiatico, la Russia si perde in improbabili connivenze con turchi e iraniani, l’India si avvicina a Israele e le due Coree aprono un canale di dialogo. Ognuno cerca la sua strada, e sembra difficile che in futuro qualcuno sia ansioso di rientrare nella sfera d’influenza degli Stati Uniti.

Il secondo interrogativo riguarda la possibilità che qualcuno, dopo Trump, possa avere abbastanza forza e carisma da ripristinare l’autorità presidenziale negli Stati Uniti. La risposta è che per il momento non si vede nessuno che abbia la capacità di farlo. Il terzo interrogativo, infine: riuscirà quest’uomo a terminare il suo mandato? La risposta è sì, almeno fino a quando il congresso sarà controllato dai repubblicani.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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