19 gennaio 2018 13:01

Ma insomma, perché la Brexit? Il 18 gennaio, al termine del vertice tra la premier britannica Theresa May e il presidente francese Emmanuel Macron a Sandhurst, non lontano da Londra, era impossibile non porsi questa domanda, perché l’intesa tra i due paesi non è mai apparsa così cordiale.

Da entrambi i lati c’è stata grande abbondanza di sorrisi, conferme incrociate dell’importanza dei legami tra i due paesi, secondo May fondamentali per Londra e Parigi ma anche per l’Europa. In una sala adiacente, i capi dei servizi di sicurezza britannici e francesi facevano il punto su una cooperazione bilaterale che Macron ha definito “unica”. E non è tutto.

Gesti di buona volontà
I britannici vogliono stanziare più di 50 milioni di euro per equipaggiare meglio la frontiera franco-britannica, situata di comune accordo a Calais. Londra vorrebbe accelerare l’esame delle domande d’asilo, soprattutto di quelle di minori non accompagnati che hanno una famiglia nel Regno Unito. Irritando i quotidiani tabloid, May non ha lesinato i gesti di buona volontà verso Macron, e soprattutto si è detta pronta ad appoggiare l’intervento francese in Sahel fornendo tre elicotteri di trasporto e personale non combattente.

Ma allora perché questo divorzio tra Londra e l’Unione europea se le due prime potenze militari dell’Europa occidentale, Regno Unito e Francia, s’intendono così bene?

La risposta è che il rapporto era teso perché non c’era mai stata intesa sul contratto matrimoniale e sulla separazione o comunione dei beni – in questo caso il mercato comune o l’Europa politica – e su questo terreno hanno prosperato i demagoghi che hanno venduto a una maggioranza degli elettori l’idea falsa secondo cui il Regno Unito avrebbe avuto più fortuna separandosi dal resto d’Europa.

Anche se probabilmente è ancora prematuro parlarne, l’idea di un secondo referendum comincia a circolare

Così siamo arrivati alla rottura, ma ora che la procedura di divorzio è stata avviata, i britannici scoprono che dovranno negoziare accordi bilaterali con un mercato che per loro è fondamentale (come tutti i paesi terzi) o in alternativa, per restare all’interno del mercato, accettare tutte le regole europee senza più avere voce in capitolo. Londra vacilla e gli avversari della Brexit tornano all’attacco, mentre i sostenitori dell’uscita dal club sono sempre meno trionfanti.

Anche se probabilmente è ancora prematuro parlarne, l’idea di un secondo referendum comincia a circolare. Magari non prenderà corpo, ma non è impossibile che un giorno il Regno Unito torni sulla sua decisione. Nell’attesa, con ardore condiviso, Parigi e Londra si impegnano a preparare questo momento evitando di compromettere il futuro.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it