06 giugno 2018 11:47

Il 4 giugno a Berlino, il 5 a Parigi, il 6 a Londra. Il messaggio di Benjamin Netanyahu è sempre lo stesso: Donald Trump ha fatto bene a criticare l’accordo sul nucleare con l’Iran e gli europei hanno torto a non volerlo rinnegare. Il primo ministro israeliano ha ripetuto la sua tesi, con argomenti che non sono necessariamente falsi.

È vero, l’Iran vuole diventare la potenza dominante in Medio Oriente e si è installato in Siria dopo averlo fatto in Iraq e in Libano. È vero, Teheran possiede missili a lunga gittata e il paese sciita non nasconde di voler controllare i paesi e le popolazioni sunnite, in maggioranza in Medio Oriente e nel resto del mondo islamico.

L’Iran, in poche parole, è una forza destabilizzante la cui affermazione potrebbe scatenare una guerra dei cent’anni tra le due correnti dell’islam. Teheran rappresenta inoltre una minaccia esistenziale per lo stato israeliano, definito dall’ayatollah Khamenei, la guida suprema iraniana, come “un tumore che dev’essere asportato”. Il problema è talmente reale che, pur di contrastare l’Iran, i regimi sunniti e Israele si sono uniti con discrezione ormai da un decennio e sostengono all’unisono l’attacco di Trump al negoziato sul nucleare.

Vecchio dilemma
Netanyahu ha dalla sua argomenti condivisi dai sauditi, ma in definitiva ha torto. La ragione sta dalla parte di Londra, Parigi e Berlino, perché senza il compromesso firmato dalle grandi potenze e dall’Iran nel 2015 sarebbe stato necessario bombardare le strutture nucleari iraniane e spalancare la porta a una nuova offensiva militare o permettere al regime di costruire la bomba atomica, con tutti i pericoli che ne conseguono.

L’accordo del 2015 ci ha permesso di abbandonare questa alternativa poco invitante, ma ora la sua eventuale fine ci riporterebbe al vecchio dilemma tra bombardare o lasciar fare.

Contro gli europei c’è Donald Trump, che può contare sulle sanzioni economiche da imporre alle aziende europee che oseranno commerciare con l’Iran

Per questo motivo non bisogna tirarsi indietro dall’accordo, ma completarlo con una trattativa sulla proiezione politico-militare dell’Iran, trattativa che tra l’altro è assolutamente alla portata perché il regime ha un bisogno vitale di evitare un nuovo embargo occidentale.

Dunque la ragione sta dalla parte dell’Europa, ma contro gli europei c’è Donald Trump, che può contare sulle sanzioni economiche da imporre alle aziende europee che oseranno commerciare con l’Iran. La Total e ora anche la Peugeot sono state costrette a cedere al ricatto.

L’embargo sta tornando de facto e gli iraniani si fanno prendere dal panico minacciando – senza passare all’azione ma l’avvertimento è già significativo – di riprendere l’arricchimento dell’uranio per spingere gli europei a non inchinarsi davanti alle pressioni degli Stati Uniti. Lentamente ma inesorabilmente, la situazione sta degenerando, perché naturalmente questa sfida lanciata dall’Iran è insopportabile tanto per gli israeliani quanto per gli stati sunniti.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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