02 luglio 2018 11:31

Ho deciso di fermarmi e di concludere la mia rubrica su France Inter durata 27 anni, perché viviamo, dal 2016, cambiamenti talmente grandi che non posso più parlare del mondo senza prima tornare al mio primo mestiere, quello del reporter sul campo.

L’elezione di Donald Trump, la Brexit, l’ascesa del nazionalismo e dell’estrema destra in quasi tutti i paesi occidentali, la moltiplicazione delle “democrature” (le distorsioni della democrazia) anche all’interno dell’Unione europea. Tutto questo segna un cambiamento d’epoca, importante tanto quanto la caduta del muro di Berlino. Quel cambiamento io l’avevo vissuto, negli anni ottanta, come corrispondente di Le Monde nella Polonia di Solidarność, negli Stati Uniti della rivoluzione conservatrice e nell’Unione Sovietica di Gorbačëv. Potevo parlarne, perché avevo gli strumenti per farlo. Oggi la situazione è diversa.

La spaccatura della Nato
Non mi sento più legittimato a descrivere la situazione, perché non ho visto con i miei occhi, perché non ho vissuto in prima persona la svolta americana. Perciò riparto, con le orecchie tese, alla riscoperta di un mondo nuovo e poco rassicurante. Ma ora basta parlare di me.

È evidente che il primo motivo per cui stiamo entrando in una fase del tutto nuova è la spaccatura dell’Alleanza atlantica. Fino a quando la Nato è stata un’istituzione solida si potevano anche criticare e accusare di “atlantismo” determinate correnti e personalità politiche. Ora che si sta dissolvendo, però, ci rendiamo conto della sua importanza e del vuoto che verrà creato dalla sua assenza.

Gli Stati Uniti si assumono il rischio di voltare le spalle all’Europa, e non solo per volere di Trump

In un momento in cui la Cina si prepara a diventare la prima potenza economica del mondo, in cui la demografia occidentale è in calo mentre la popolazione africana è in fortissimo aumento, in cui la tecnologia non è più solo occidentale e l’esercito cinese aumenta la sua potenza a un ritmo sfrenato, gli occidentali si permettono il lusso di dividersi.

Gli Stati Uniti si assumono il rischio di voltare le spalle all’Europa, e non solo per volere di Trump. Questa inversione di rotta risale infatti allo spaventoso e prevedibile fallimento dell’avventura irachena di George W. Bush, evidente fin dal suo secondo mandato. Sotto Obama e ora sotto Trump, gli Stati Uniti hanno creduto di dover pensare prima di tutto a se stessi, non prestando troppa attenzione all’Europa e al Medio Oriente e concentrandosi sul grande scontro con la Cina.

Con l’aggiunta di una gran quantità di cattiveria e volgarità, Donald Trump non fa altro che seguire la strada dei suoi predecessori. E così l’Alleanza su cui si è poggiata la stabilità internazionale dopo la sconfitta del nazismo appare irrimediabilmente compromessa. Bisognerà reinventare gli equilibri e di questo parleremo, durante quest’ultima settimana della mia rubrica.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it