07 settembre 2021 17:13

Subito dopo aver letto un ritratto assurdo di Elon Musk scritto da Douglas Coupland per il Guardian – sì, quello di Generazione X – in cui l’imprenditore liquida i diritti dei lavoratori, celebra il colonialismo su Marte e viene fuori come un incrocio tra Stephen Hawking e Kurt Cobain, ho un attimo di panico: penso che non ho mai capito molto di criptovalute e non so più leggere gli status di Grimes su Twitter.

Grimes che pure è stata il mio portale per una certa musica post-internet, fumettosa e glitch, lei così emo, industrial e rosa. Per prendere in giro Coupland e ribellarmi al grunge che si rimbambisce, corro a cercare un disco che si faccia beffe della sua gravitas postmoderna fuori tempo e mi ricopra di fluorescenza aliena. E così recupero (DANZƏ), un’antologia indipendente emersa dalla comunità hyperpop/glitch/breakcore italiana. Sono parole di cui intuisco i contorni, ma che non mi appartengono. Che sollievo ascoltare un disco e non sapere tutto, che sollievo non condividere una lingua e farsi grattare i nervi come faceva la trap agli inizi.

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Quattordici brani scritti da artiste e artisti tra i quattordici e i ventidue anni simili a geroglifici disegnati con le gomme da masticare, dialoghi che paiono presi dalle serie teen un po’ meno sofisticate di Dawson’s creek. Tutta la saccarina malinconica e i canali spazio-temporali portano a ogni cameretta del mondo, ognuna di loro riconoscibile ma sostituibile all’altra, e comprimono questi pezzi in un unico brano, in cui si sta senza capirci niente, sentendosi benissimo. Oggi è meglio rimbambirsi così.

Questo articolo è uscito sul numero 1425 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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