05 ottobre 2015 14:46

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Diciamolo: Io e lei è un film carino. Perché è girato con il gusto estetico di Maria Sole Tognazzi – ma non sarà che ci siamo trovati la nostra Sofia Coppola? – e scritto con il ritmo brillante di Ivan Cotroneo: “Ma nun ce stanno più quei filippini de ’na vorta che se facevano i cazzi loro?” è una battuta che cattura bene la grettezza di una certa Italia.

Nel racconto di una storia d’amore omosessuale nella Roma altoborghese ho ritrovato certi aspetti della mia esperienza personale. Ma mi sono sentito chiamato in causa soprattutto dallo scopo dichiarato della regista: “Il mio non è un film politico, ma una storia d’amore, una commedia sentimentale, volevo far conoscere una storia uguale alle altre, perché quando le storie sono uguali anche i diritti sono uguali”. Questo è il principio che spinge anche me a raccontare la nostra famiglia sui miei libri.

Margherita Buy fa sempre se stessa, e come al solito lo fa bene. Sabrina Ferilli però fa ancora meglio: avendo ormai accettato il fatto che il suo mestiere è proporre ottime interpretazioni della burina romana, ormai è diventata bravissima a declinare la burina in varie salse, compresa quella lesbica, che in questo caso le viene proprio bene (ogni volta che chiamava la compagna Federi’ io ho avuto un brivido di emozione neorealista).

Unica grande pecca (se vogliamo sorvolare sul ragazzo delle pulizie, macchietta gay, che i più sofisticati vorranno ritenere un omaggio al Vizietto) è la completa assenza di sesso in un film che parla per un’ora e quaranta di amore e di passione.

Era forse a questo che si riferiva la Ferilli quando in conferenza stampa ha detto che si tratta di una storia lesbica raccontata con gusto? È un peccato che la prima commedia a tema lesbico del cinema italiano pecchi di troppa pudicizia e finisca per avallare il noioso pregiudizio maschilista secondo cui le donne omosessuali parlano molto e combinano poco a letto. La vita di Adele, vincitore a Cannes nel 2013, ci aveva raccontato che in realtà non è affatto così.

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