05 dicembre 2017 15:43

Di recente hai detto che la tua famiglia si è trasferita in Italia. Da padre italiano in Svezia che sogna di tornare in Toscana, ti chiedo: com’è stato il rientro per i bambini? –Andrea

Gli amici romani mi chiedono come ci è saltato in mente di tornare in Italia. Gli amici all’estero, invece, conoscono bene l’improvvisa e bruciante nostalgia che ti piglia dopo qualche anno passato fuori dal tuo paese. E sanno che non esiste la città perfetta dove vivere: esistono luoghi di volta in volta più adatti alle diverse fasi della vita, che cambiano a seconda delle esigenze pratiche, professionali o emotive di una famiglia. Nel nostro caso, crescere i figli insieme senza essere più una coppia ha spinto me e il mio ex marito a tornare nel luogo dove la rete degli affetti è più solida.

Per ora i bambini stanno facendo conoscenza con la scuola italiana. Il primo giorno, il più piccolo mi ha raccontato incredulo che “alla mensa quando hai finito il pranzo te ne danno un altro, che si chiama ‘il secondo’”. Mentre mia figlia più grande mi ha detto: “La maestra ci ha avvertito che domani c’è sciopero. Papà, ma chi è sciopero?”. E poi ho dovuto spiegarle che “la receptionist del terzo piano” si chiama bidella, che quel “Christian after school club” dove vanno molti bambini è il catechismo e che la Juve è una squadra di calcio.

Stanno ancora esplorando questo paese al tempo stesso così esotico e familiare, ma sono circondati dall’affetto di nonni, parenti e amici di lunga data. E con tutte le sue imperfezioni, adesso per loro l’Italia è il posto ideale dove crescere.

Questa rubrica è stata pubblicata il 1 dicembre 2017 a pagina 14 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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