18 aprile 2017 16:02

Il gesto all’americana delle virgolette fatte arcuando indice e medio di tutt’e due le mani comincia ad affacciarsi in televisione. Questo significa che, come tante cose degli Stati Uniti, non sapremo più farne a meno, diventerà automatico, lo adotteranno anche quelli che non sanno cosa sono le virgolette. Quando per esempio si vorrà dire che un romanzo ha un’“anima”, ecco che alzeremo le mani, ecco che agiteremo le dita nell’aria.

Ma è proprio necessario impegnarci tutti a fare con occhi furbi un po’ di solletico al suono di paroline di uso comune? No. Si può fare qualcosa per evitare che diventi un gesto inevitabile? Mah. Forse bisognerebbe provare a sospendere per qualche tempo la smania di virgolettare, cosa anche utile tra l’altro, visto che negli ultimi decenni con le virgolette sicuramente abbiamo tutti ecceduto. Seguitiamo con l’anima.

Mettiamo che io, vecchio bacucco, voglia dire una cosetta metaforica di antica banalità, e cioè che un buon libro deve avere un’anima e che se non ce l’ha è brutto. Bene, è proprio necessario mettere le virgolette all’anima? Anzi, non è addirittura rischioso? Forse, nel farlo, sto segnalando che non so più come metterla con l’anima. Forse, di conseguenza, sto ammettendo che non so nemmeno cos’è un buon romanzo, che non so cos’è la letteratura, che insomma sto parlando a vanvera. Via dunque le virgolette. E via la grattatina all’aria.

Questa rubrica è stata pubblicata il 14 aprile 2017 a pagina 14 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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