16 gennaio 2018 16:07

Forse dovremmo evitare, negli scambi di ogni giorno, le espressioni che impongono subitanee, angosciose verifiche negli slip e nei boxer. Basta niente, infatti, perché vengano fuori frasi come: “non hai le palle”, “facci vedere se hai le palle”, “lei ha le palle e tu no”.

Non si tratta di un gioco di biglie o di una sfida al biliardo. È, com’è noto, un invito generalizzato a esibire bellicosamente i testicoli. E, si badi, contano zero quelli grossi come acini d’uva, ci vogliono mirabolanti noci di cocco. Essi devono infatti provare, alla lettera e metaforicamente, non solo la nostra straordinaria potenza ma anche che se dalla potenza passiamo all’atto, l’atto può essere devastante. Inutile dire che dietro queste formule c’è il disprezzo dei maschi per le femmine, c’è il terrore di essere confusi con loro, c’è la tendenza a femminilizzare le persone che detestiamo, c’è il bisogno di uccidere ogni volta che una donna si attribuisce palle che per natura spettano a noi. Meglio evitare, quindi, di accogliere con sorrisetti accondiscendenti questo gergo, lì dietro covano terribili azzardi.

Donald Trump, per esempio, passa il suo tempo a minacciare di mostrarci i suoi grigi attributi. Di recente ha chiarito che il suo bottone è assai più grosso di quello di Kim Jong-un. Potrebbe fare qualsiasi cosa, pur di assegnarsi un obelisco più alto di quello del suo collega George Washington.

Questa rubrica è stata pubblicata il 12 gennaio 2018 a pagina 16 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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