11 settembre 2018 16:20

È noto che in Italia non ci sono razzisti, siamo brava gente. È altrettanto noto, d’altra parte, che aumentano a vista d’occhio quelli che per spiegare la confusione che hanno nella testa borbottano: “Lo so, le razze non esistono, siamo tutti uguali, però”. Questo “però” in principio era in lettere minuscole, poi col tempo ha acquistato peso e oggi andrebbe scritto: PERÒ. Subito dopo, infatti, la brava gente butta fuori a voce alta tutta l’avversione di cui è capace, specialmente quella nei confronti dei neri e delle numerose sfumature di buio che ci terrorizzano.

In genere si dice che il “PERÒ” riguarda soltanto chi vive in situazioni di estremo disagio materiale e spirituale, cioè i “poveri bianchi” costretti a stare gomito a gomito con poveri di altri colori che li tormentano con risse tra bande, aggressioni, furti, spaccio. Ma non è vero: anche i colti di qualche agio possono arrivare a dire con cautela: non sono razzista però; e sottolineare subito dopo, per amore di verità, che se è vero che il loro genoma è al 99,9 per cento identico a quello del nero che mendica sotto casa, è altrettanto vero che lo 0,1 per cento mica è una bazzecola, può generare differenze decisive.

Insomma, mentre l’antirazzismo è una conquista culturale sempre pronta a franare, il razzismo viene facile a ogni livello. Un gran passo avanti sarebbe: “Sono razzista, PERÒ”.

Questa rubrica è uscita il 7 settembre 2018 nel numero 1272 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati

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