23 ottobre 2018 17:38

Ci sono in giro troppi popoli. C’è il popolo di Salvini, il popolo di Di Maio, il popolo di Fico, il popolo di Di Battista. C’è il popolo di Zingaretti, quello di Martina, quello di Minniti, quello della Leopolda. C’è il popolo azzurro di Berlusconi e il popolo nero di CasaPound. Sono tutti popoli di qualcuno, come si vede. Averne uno è ormai essenziale, specialmente per fare il governo del popolo e la manovra del popolo, un genitivo tradizionalmente ambiguo quest’ultimo. Il popolo, qui, è soggetto (governa) o è oggetto (lo governano)? Il popolo, qui, è manovratore o lo manovrano?

E poi quale popolo è? Popolo di disoccupati, popolo di pensionabili, popolo di poveri in canna, popolo di finti poveri, popolo di piccoli risparmiatori, popolo di ariani, popolo di evasori, popolo di cementificatori, popolo di analfabeti altamente scolarizzati? Eh sì, mai visti tanti popoli in un solo popolo, più si moltiplicano più sembrano bande. Ogni passante ormai, dopo il successo di Berlusconi, Renzi, Salvini, Di Maio, rischia di convincersi che sproloquiando, sparando balle e insulti, potrebbe avere un popolicchio tutto suo con cui andare allo sbaraglio. L’essenziale è saper pescare nel popolo: popolo televisivo, popolo delle primarie, popolo dei social, popolo delle camorre, popolo che adora lo zenzero o il gelato ai funghi. Le differenze, dicono, non ci sono più.

Questo articolo è uscito il 19 ottobre 2018 nel numero 1278 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero| Abbonati

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