21 novembre 2018 17:43

Concediamoci uno sguardo retrospettivo accennando in breve a parole del passato. Per esempio, l’Italia del boom. O la società opulenta. Erano formule che suggerivano compattezza: tutto il paese stava facendo boom, tutta la società stava vivendo nell’abbondanza, tutti i salariati si stavano imborghesendo accedendo ai ceti medi in costante espansione. Che fine hanno fatto quelle parole?

Appena hanno ricevuto qualche duro colpo dalla realtà, hanno provato a riciclare il proprio ottimismo dentro altre sintassi: per esempio, un darsi in massa all’edonismo; o, col crollo del muro di Berlino, l’annuncio che la Storia era finita, il capitalismo aveva trionfato e la società dei consumi sarebbe dilagata sostituendo al produttore il consumatore. Cosa ci immalinconisce a ripensare a quelle formule?

La certezza a posteriori che non l’Italia, non la società, ma pochi, pochissimi, hanno fatto davvero boom, sono stati davvero opulenti, hanno goduto davvero della condizione borghese, se la sono spassata consumando di tutto alla grande. I più hanno tirato la carretta spaccando il centesimo, si sono esposti a rischi e autodistruzioni, hanno sperato vanamente che i figli se la sarebbero cavata meglio. È questa massa sfuggente di affaticati che renderà sempre risibili le formule brillanti con cui a scadenze fisse, ottimisticamente, prevediamo il futuro.

Questo articolo è uscito il 16 novembre 2018 nel numero 1282 di Internazionale, a pagina 14. Compra questo numero| Abbonati

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